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Otto e mezzo, Rosy Bindi fa la figuraccia e offende la deputata ucraina: gelo in studio

Valentina Bertoli

“La responsabilità è nostra. L’Europa deve recuperare la sua soggettività” dichiara senza timore Rosy Bindi a Otto e mezzo, programma quotidiano della sera di La7 condotto da Lilli Gruber. “Non siamo stati in grado di tutelare gli Stati-cuscinetto” aggiunge l’ex ministra nel corso dell'edizione del 15 aprile. Kira Rudik, deputata ucraina in collegamento da Kiev, si risente: “È doloroso sentire il termine Stato-cuscinetto. Noi stiamo combattendo per entrare a far parte dell’Unione europea”. In studio cala il gelo. Bindi chiarisce le sue intenzioni e chiede scusa.

 

  

 

Ospite del talk Otto e mezzo, la Bindi, leader storica del Centro-sinistra italiano, viene poi interrogata dalla Gruber sulla possibilità della fine della guerra in Ucraina. “La guerra è sempre più brutale, stanno parlando solo le armi. Queste armi ci avvicinano o ci allontanano da una tregua?” ha chiesto la conduttrice. “Purtroppo temo che questa richiesta continua di armi servirà a rendere sempre più cruenta la guerra. Le armi non portano alla fine del conflitto. So che stiamo dalla parte giusta, ma ho dubbi sul modo in cui lo stiamo facendo. Temo che tanti abbiano un buon motivo per non mettere fine a queste atrocità” ha risposto Bindi con sincerità. “Chi è che non vuole fermarsi?” l’ha incalzata allora Gruber. “Tutti. C’è chi sta traendo vantaggio da queste stragi. La diplomazia non sta lavorando abbastanza”.

 

 

 

Esortata dalla conduttrice è allora intervenuta Kira Rudik, deputata ucraina e leader del partito Golos: “Quali garanzie abbiamo noi ucraini? Come facciamo a sapere che Putin rispetterà gli impegni presi? Chiediamo le armi per proteggerci. Stupri, uccisioni, atrocità. Che tipo di accordo si può fare con gli artefici di tali orrori? Putin vuole eliminarci dalla Terra e i russi ci definiscono sporcizia”. Lilli Gruber ha voluto poi indagare sul ruolo che l’Europa ha nella gestione della guerra tra Russia e Ucraina: “Biden e Putin dovranno trattare. È quella la vera partita che si sta giocando. Lei dice che le responsabilità del conflitto sono dell’aggressore russo e che, guardando al passato, anche l’Europa ha le sue colpe. Quali ?” “Io ero parlamentare europea quando è crollato il muro di Berlino. Alcune speranze che avevamo siamo riusciti a concretizzarle. Credo che in quegli anni avremmo dovuto evitare di sentirci vincitori. Invece di creare una dipendenza energetica dalla Russia, avremmo potuto scegliere un atteggiamento dialogante ed evitare che il mondo diventasse un’unica potenza. L’Europa, nella Nato e nell’Occidente, dovrebbe ricordarsi di avere una sua storia, un suo percorso, una sua identità. Sono Biden e Putin a doversi mettere d’accordo. L’Europa ha il compito, però, di fare la sua parte”.

Ha continuato dura Rosy Bindi: “Qualcuno sta pensando all’organizzazione o ci limitiamo alla corsa agli armamenti? Vorrei che ci fosse una politica estera e di sicurezza europea e che l’Europa avesse una sua soggettività. Gli stati-cuscinetto, e l’Ucraina doveva essere questo, dopo il 1989, sono delicati. Noi non siamo stati in grado di tutelarli. La responsabilità è nostra”. La risposta piccata dell’onorevole ucraina non si è fatta attendere: “È veramente doloroso sentire definire il proprio Paese uno Stato-cuscinetto. Noi vogliamo far parte dell’Unione Europea e stiamo combattendo per questo. È il motivo per cui la guerra è iniziata. Putin non voleva che l’Unione Europea e la Nato si espandessero e che l’Ucraina avesse un riconoscimento nel futuro. Gli europei dovrebbero ridurre la dipendenza dal gas e dal petrolio russi. La Russia può permettersi la guerra e le sanzioni. Putin continuerà il suo conflitto energetico: farà pagare ai Paesi in rubli e interromperà le esportazioni”. La politica italiana prontamente ha chiarito le sue intenzioni e si è scusata: “Le porte dell’Unione europea sono sempre aperte per l’Ucraina. Mi scuso. Ho usato quel termine per indicare una sorta di neutralità, ma io voterei per l’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea”.