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Unicredit-Generali, mediazione del Mef sul risiko: Orcel verso l'8% nel Leone

Filippo Caleri
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Mentre sottotraccia il ministero dell’Economia utilizza la sua moral suasion per comporre pacificamente il grande gioco del risiko della finanza italiana, dalle sale degli analisti finanziari filtrano rumors sull’effettiva quota di Generali nelle mani dell’ad di Unicredit Andrea Orcel. E che sarebbe grazie a posizioni in derivati al di sopra del 4,1% dichiarato.

Insomma il dossier si arricchisce ogni giorno di tasselli che mirano però a un unico obiettivo: portare presto ordine e pace in un comparto vitale come quello bancario e digestione del risparmio evitando strappi e forzature. Così secondo quanto risulta a Il Tempo nelle stanze di via XX settembre si respira aria di ottimismo sul risultato finale delle varie partite in campo. La prima quella dell’Opa di Unicredit su Banco Bpm e la seconda che parte dall’Ops di Mps verso Mediobanca con una finestra aperta sulle Generali. Un intreccio di interessi difficile da sciogliere che vede più protagonisti: da Caltagirone e gli eredi Del Vecchio fino a Orcel che punta a inglobare Bpm per diventare banca leader del ricco nord industriale. Rebus da sciogliere non di poco conto.

Con i primi indispettiti dal fatto che pur avendo investito nel Leone non riescono a esprimerne la governance, e il secondo, uomo di finanza con un lungo passato nella finanza anglosassone che cerca sponde presso il governo per ottenere il via libera al suo piano ma anche perla partita continentale con l’Opa sulla tedesca Commerzbank (perla quale il sostegno dell’esecutivo italiano diventerà cruciale dopo le elezioni in Germania). Un progetto grandioso che, visti i contatti internazionali, potrebbe prevedere anche partnership bilaterali del nuovo gruppo con qualche grande banca Usa desiderosa di mettere radici nella vecchia Europa in cambio di una presenza rafforzata di piazza Gae Aulenti negli Stati Uniti a guida Trump. Fantasie queste ultime ma sulle quali trader di esperienza iniziano a scommettere.

Situazione intricata dunque, ma ricca di spunti. Ed in questa complessità che gli sherpa del ministro Giancarlo Giorgetti (nella foto)sarebbero al lavoro, con relativa serenità assicurano dai corridoi di via XX settembre, per stilare un compromesso in grado di accontentare tutte le istanze in campo. Non è ancora chiaro come ma rispettando il criterio della cosiddetta «efficienza paretiana», ovvero il risultato migliore possibile tra le parti. Un punto nel quale ogni spostamento in altre direzioni aumenta le perdite a uno e accresce il valore agli altri. E in questo senso si inquadrala voce che proviene da ambienti finanziari e che, sotto forma di rumors, precisa una voce che si era sparsa il giorno stesso dell’annuncio della presenza al 4,1% di Unicredit in Generali. E cioè che la quota sia in realtà più elevata attraverso posizioni in derivati non soggette a obbligo di dichiarazione. Ebbene la partecipazione complessiva potrebbe essere vicina all’8%. Indiscrezioni ovviamente, non confermate. Anche perché se lo fossero la partita di Trieste per piazza Gae Aulenti avrebbe tutto un altro sapore.

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