con tutta calma

Il governo non corra troppo e stia attento all’inflazione. Potrebbe non essere solo transitoria

Angelo De Mattia

L’inflazione sta sempre più al centro delle analisi economiche e delle previsioni. Su di essa si gioca la credibilità della Bce soprattutto perché l’Istituto continua a ritenere l’aumento dei prezzi un fenomeno transitorio destinato a rientrare, mentre aumenta il numero di coloro, esperti e osservatori che manifestano dubbi sulla transitorietà. Nell’area dell’euro l’inflazione ora si attesta al 3,4 per cento. Non molto tempo fa, non era l’inflazione che veniva temuta, bensì la deflazione, i rischi della quale, considerata un male peggiore dell’inflazione, si cercava di prevenire. Ora, a seguito della pandemia, la situazione è mutata e ciò è dovuto, secondo la Bce, all’aumento dei prezzi dei prodotti energetici combinati con le difficoltà nella catena dell’approvvigionamento e alla mancata riduzione dell’Iva in Germania, al contrario di quanto deciso in un primo momento. Alcuni tornano a ricordare la precipitosa decisione della Bce di aumentare i tassi di riferimento nel 2008 quando, anche in relazione al dissesto di Lehman, si verificò un forte incremento dei prezzi del petrolio: un aumento proprio nella fase in cui, per gli impatti della crisi dei «subprime» (poi allargatasi in crisi dei debiti sovrani, quindi in quella di molte banche), sarebbe stato necessario mantenere una politica monetaria espansiva. Viene ricordato, l’aumento, come un errore di Jean-Claude Trichet, allora presidente della Bce, ma egli decideva non da solo le variazioni del governo della moneta, bensì con il Direttivo - di cui faceva allora e fa parte oggi il Governatore della Banca d’Italia, che all’epoca non risultò essersi differenziato - chiamato a votare. Come solo parziale attenuante, si può addurre la vigenza del target dell’inflazione, all’epoca fissato «intorno, ma sotto il 2 per cento», toccato o superato il quale, scattava l’obbligo per la Bce si intervenire per assolvere il mandato sul mantenimento della stabilità di prezzi.

 

  

 

Oggi, il target è stato modificato - il 2 per cento simmetrico nel medio termine - e le condizioni dopo le prime ondate della pandemia sono ancora più gravi degli impatti dei «subprime», mentre nuovi rischi si profilano con la quarta ondata. Negli Stati Uniti, l’inflazione ha superato il 6 per cento, ma la Federal Reserve ha avviato il «tapering», il rientro delle misure non convenzionali, però in maniera soft. Come accennato, finora la Bce ha mantenuto ferma la sua previsione sul carattere dell’inflazione e si è riservata eventualmente di agire solo se si dovessero verificare impatti di secondo livello, per esempio su stipendi e salari. Fino a quando questa linea potrà essere mantenuta non è chiaro. Comunque, nella riunione del Direttivo del 16 dicembre dovrebbe esservi un completo chiarimento, anche perché in Germania crescono le pressioni perché si reagisca all’inflazione, che verosimilmente non viene giudicata come transitoria, cominciando a fare rientrare le misure monetarie straordinarie. Alla riunione parteciperà, per l’ultima volta, il dimissionario presidente della Bundesbank, Jens Weidmann da sempre sostenitore di una linea dura, il quale probabilmente non considererà una pura formalità la partecipazione alla seduta. Poi andrà verificato se e quali mutamenti vi potranno essere nella posizione tedesca nei riguardi della Bce, in relazione alla probabile formazione in corso del nuovo Governo, quello cosiddetto «semaforo» (Socialdemocratici, Verdi, Liberali). Naturalmente, un mutamento di linea da parte della Bce non sarebbe indolore anche (e, forse, in particolare) per l’Italia.

 

 

Di qui la necessità di un raccordo preventivo, a livello europeo, tra le scelte di politica economica e di finanza pubblica, quelle in tale campo a livello nazionale, da un lato,e gli orientamenti di politica monetaria, dall’altro. In sostanza, pur dovendosi essere abbastanza fiduciosi sulla fondatezza delle previsioni, tuttavia il rischio di un cambiamento delle condizioni che portino ad abbandonare la tesi della transitorietà dell’aumento dei prezzi induce all’«estote parati». I versanti sui quali agire, in Italia, sono i provvedimenti «in itinere» per le riforme, la legge di bilancio, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ciò, tuttavia, non significa affatto accelerare tanto da soffocare il dibattito parlamentare che, per la manovra di bilancio, potrebbe avere tempi ristretti per responsabilità dei gravi ritardi del Governo. Per di più, un’affrettata valutazione potrebbe confliggere con la necessaria solidità dei consensi, che è uno dei fondamentali requisiti per contribuire alla stabilità anche monetaria e finanziaria. Non bisogna portare vasi a Samo: fuor di metafora, non bisognerebbe ricordare questi aspetti al Premier e al Ministro dell’economia, entrambi con il loro recente passato. Dunque, è scontato che da tempo ne siano consapevoli e che non prevalgano disegni politici non apprezzabili, pure nel quadro della corsa molto anticipata al Colle.