La tragedia di Mango. Quel chiedere scusa prima di andarsene
Colpito da un infarto mentre canta la sua "Oro"
Quando uno è costretto ad andarsene prima del tempo, chiede scusa. Così ha fatto Mango, l'altra sera, prima di accasciarsi sul pianoforte. Non ce la faceva più a cantare, e il pubblico aveva intonato le strofe di "Oro" al posto suo. Lui sentiva addosso un calore innaturale, sembrava - racconta chi c'era - un po' contratto. Aveva persino richiamato un cameraman che lo infastidiva. Una serata strana, ma nessuno, lui per primo, avrebbe potuto immaginare fosse l'ultima. «Scusate», la mano alzata in segno di resa, le dita che piombano sulla tastiera per quello che non è più un accordo, ma il suono angoscioso della Mietitrice venuta a prenderti. Tutti gli artisti dicono di voler morire sul palco, ma quando accade diventa uno spettacolo increscioso: la finzione - di una canzone, di un copione, di un gesto contemplato dalla recita - si trasforma in una grottesca verità. Giuseppe Sinopoli iniziò a morire mentre dirigeva l'Aida a Berlino, e fecero solo in tempo a portarlo all'ospedale. Così accadde anche a "Feiez", il sassofonista di Elio e le Storie Tese, in un concerto di Natale del 1998. La soprano argentina Florencia Fabris, 38 anni, l'anno scorso si portò una mano alla testa mentre cantava il Requiem verdiano. Fu accompagnata nel backstage: due giorni dopo si arrese al fulmine che le era scoppiato nel cranio. Mango se n'è andato con signorilità, come nel suo stile, nel bel mezzo della canzone di maggior successo, dopo aver cominciato l'esibizione per beneficenza al Palaercole di Policoro, nella sua Lucania, quando già era mezzanotte e lui era comparso dicendo scherzosamente che fosse tardi: a certe frasi di circostanza il destino trova sempre nuovi significati, dopo. Come a quella sua divertita sottolineatura, domenica sera, del sogno che aveva fatto di recente: prima di affrontare la riuscita cover di "Amore che vieni amore che vai" (tratta dal suo ultimo album "L'amore è invisibile") gli era venuto il ghiribizzo di raccontare di essersi visto a bere del buon vino con Fabrizio De Andrè. Il pubblico gli aveva ricambiato quel sorriso che accompagnava la storiella: tanto sei qui con noi, parevano dirgli, non ti può succedere nulla, non sei un fantasma. E invece poco dopo quello «scusate» che a rileggerlo lo decifreresti come un «mi spiace che ogni cosa si interrompa qui e ora», il braccio proteso a chiamare un assistente, poi un altro, finché il palco diventava un pronto soccorso di fortuna, tutti intorno a lui, il defribillatore, più di mezz'ora di tentativi di rianimarlo in camerino, la scelta di sperare di salvarlo lì dall'infarto, perché a portarlo con l'ambulanza all'ospedale si rischiava troppo. Ma il tempo - il suo tempo - era finito, neanche la proroga di un breve bis, di un piccolo saluto alla moglie Laura Valente - con cui si era esibito a Sanremo 2007 in "Chissà se nevica" - al figlio adolescente che suonava le percussioni nella sua band, o all'altra bambina. Grande divoratore di libri, autore di un paio di volumi di poesie e di un romanzo tuttora inedito con protagonisti due ragazzi del Seicento, a 60 anni appena compiuti Mango sembrava in piena forma, anche se in una intervista a Radio2 aveva lamentato di «faticare troppo nel tour, e poi sono ingrassato di dieci chili in dieci anni». Era sembrata una boutade, e forse lo era. Un autore e un interprete pieno di idee, sempre, e di collaborazioni prestigiose, in una carriera durata quasi quarant'anni: da Patty Pravo a Battiato, da Bocelli a Mia Martini fino a Lucio Dalla, con il quale scrisse "Bella d'estate". Mogol, un altro dei suoi sodali, lo ha salutato dicendo di aver perso un amico «e l'Italia un grande autore». Al compianto si sono aggiunti tanti colleghi, da Baglioni a Ramazzotti fino a Laura Pausini che si è detta "fortunata per la tua canzone che ho solo io". Malgioglio ha invece chiesto che venisse rimosso dai social il video che documenta l'agonia del cantante: ma su Facebook e Twitter, oltre ai messaggi di lutto, imperversavano già i cretini che facevano squallide battute sulla tragedia. Invece Mango merita solo applausi: per le sue canzoni, e per quel modo luminoso di andarsene, chiedendo scusa per il disturbo.
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