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Così Roma umilia la memoria di Aldo

La nipote di Fabrizi «Oggi la stella a Cinecittà e nel '95 la beffa della targa rimossa al Gianicolo»

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Oggi il nome storpiato dai vandali, nel 1995 la data di nascita sbagliata sulla targa apposta (e subito rimossa) in sua memoria: è sorpresa ma neanche troppo la nipote di Aldo Fabrizi, Cielo Pessione figlia di Wilma, nel sapere come è ridotta la via del Cinema a Cinecittà, imbruttita dal degrado e, nel caso specifico, da quella doppia zeta con cui è stato sfregiato il cognome del nonno materno, diventato Aldo "Fabrizzi" appunto. «Non ha mai fatto parte di nessuna parrocchietta politica – commenta lei che per quattordici anni, dal 1991 al 2005, si è occupata dell'archivio del grande attore romano – e questo è lo scotto che si paga, vale per la destra o per la sinistra, per qualunque schieramento, lui era ideologicamente libero». Del resto già anni fa, come anticipato, ci furono problemi con la targa commemorativa che intitolava a Fabrizi un tratto della passeggiata del Gianicolo, a parere della Soprintendenza causa di "inquinamento toponomastico della zona" vista la predominanza di strade, in quel quadrante, dedicate invece agli eroi del Risorgimento. Incredibilmente il principio venne ammesso come fondato, seguì la rimozione quindi ad Aldo Fabrizi fu almeno "riconosciuta" una strada nel quartiere di Spinaceto, vicino a Mario Lanza ed Elio Petri. Cielo, sembra insomma che Roma non riesca a preservare il ricordo dei suoi grandi, a partire da quello di suo nonno. «Succede a Roma come ovunque, in altre città, nascono sempre problemi quando si tratta di tenere da conto i propri schietti cantori che non si sono mai interessati alla moda delle parrocchie». Nel caso di suo nonno, come giudica il fatto che la sua stella a Cinecittà sia stata "oscurata" da una zeta di troppo? «Sinceramente non me lo spiego. Il vero cognome, anche sul documento, è sempre stato Fabbrizi, con due "b", poi nel corso della sua prima apparizione del 1928 si sbagliarono, scrivendo sui manifesti Fabrizi, e da allora così lo chiamarono tutti ma le due "z" non significano nulla, né per il nome con cui è passato alla storia né per quello anagrafico». C'è anche la storia della targa rimossa al Gianicolo. «Sì, in quel caso sbagliarono anche la data di nascita, se ne accorsero quando ormai la targa era già pronta, del resto poi è stata spostata dalle parti di Spinaceto, non proprio in centro. Recentemente gli hanno dedicato un centro culturale che è anche sala teatrale, e poi c'è la scuola elementare, che conserva ancora il manifesto del film "Il maestro" girato in Spagna donato da mia madre». Mentre ad Alberto Sordi, osservò lei in occasione del centenario della nascita di suo nonno, è stata intitolata la galleria in centro storico. «Lo dissi nel 2005 e continuo a sostenerlo oggi, che Sordi era un grande ma secondo me incarna e propone l'immagine del romano peggiore, codardo. Nonno al contrario interpreta la Roma schietta, popolare, povera ma grande nella morale e nell'etica. Lui nasce nel 1905, ha assistito allo sventramento della città, al boom economico, all'epoca era tra i più pagati al mondo ma a differenza di altri ha sempre conservato lo spirito della Roma dalla battuta pronta, cinica ma intelligente e libertaria». Crede che il "trattamento" sarebbe cambiato, dunque, se suo nonno fosse stato un po' meno di destra? «La sinistra l'ha sempre bollato come fascista perché l'hanno visto ai funerali di Almirante, che comunque proveniva da una grande famiglia di teatranti, uno dei fratelli aveva anche lavorato con mio nonno, era l'omaggio a un amico. Poi ci fu "Roma città aperta" sì, ma nonno aveva anche un legame di amicizia profonda con Renato Nicolini, che certo non era di destra. Ripeto, era uno spirito libero, forse nostalgico, anche io a 54 anni non saprei definirmi di destra o di sinistra, ho nostalgia della Roma degli anni '70 e non so se questo significhi essere di destra o no». Tornando al punto di partenza, la via del Cinema e la stella di suo nonno abbandonata, che si può fare? «L'appello è che almeno venga sistemata, teniamo bene quelle poche cose che ci sono su cui comunque si sono anche investiti dei soldi».

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