Una volta fumare era un successo
La sigaretta era segno di ricchezza, eleganza e benessere Sigaro, pipa e tabacco forte contraddistinguevano il «duro»
«L'uomo è fumator», cantava Milly in fondo non tanti anni fa, indicando uno dei piaceri, e nemmeno proibito, del genere umano. Bacco, tabacco e Venere riducono l'uomo in cenere, aggiunge il proverbio. Ma ormai gli uomini che vogliono essere polverizzati devono accontentarsi solo di due «elementi di perdizione». Fumare, una volta segno di ricchezza e benessere, è, e giustamente, divenuta una minaccia alla salute da combattere. La crociata antifumo che percorre il mondo da anni ha segnato una nuova fondamentale tappa: ora negli Stati Uniti è proibito fumare anche all'aperto. I cartelli «No Smoking» appaiono attualmente in 2.600 luoghi, tra i quali spiccano i parchi pubblici, le spiagge demaniali e i campus delle università e l'elenco è destinato ad aumentare. È la fine di un'epoca: quella di Churchill che fa il segno della vittoria reggendo un colossale sigaro, quella dei «belli» e delle «belle» del cinema che avevano sempre una sigaretta, un sigaro, una pipa. Tabacco vero, altro che sigaretta elettronica. Quell'immagine oggi è stata addirittura cancellata. Come è accaduto al giovane Alain Delon del quale è stata ripresa una foto del 1966 per pubblicizzare un profumo di oggi. Ma «censurando» la sigaretta che pendeva tra indice e medio. La sigaretta era il segno distintivo di un «certo» tipo di uomo. Quello elegante fumava sigarette esotiche. Il «duro» succhiava roba robusta e nazionale. Come Humprey Bogart, impossibile da immaginare senza le sue Chesterfield che erano anche la marca preferita da Frank Sinatra e James Dean. Oggi l'immagine di Bogart con l'eterna sigaretta che pende dall'angolo della bocca o stretta «alla russa» tra pollice e medio è noiosamente imbarazzante. Tempi che cambiano. Addio, nuvolette. In un prossimo futuro qualche ragazzo appassionato di cinema si domanderà che cos'è che emette fumo nella mano di uno dei personaggi meglio scolpiti della storia del cinema. Sì perché l'anziana diva interpretata da Gloria Swanson in «Viale del tramonto» fuma tenendo la sigaretta con un fermaglietto che serve ad impedire alla nicotina di ingiallire le dita. Fumava, eccome, anche la bellissima (e oggi talebana dell'ecologismo) Brigitte Bardot degli esordi, tanto che è praticamente impossibile trovare immagini della fine degli anni Cinquanta senza la «cicca» tra le dita. Ci sono addirittura delle foto in posa, con la sigaretta. Forse B. B. non le ha mai nemmeno messe in bocca quelle «bionde», ma servivano all'immagine di «bella e (un po') maledetta». Insomma il fumo conferiva carattere, vigore, delineava il personaggio. Il James Bond di una volta, come il suo papà Ian Fleming, fumava come un turco, appunto, fortissime sigarette turche. L'attuale James Bond, quello del cinema, continua a bere Martini, ma ha smesso di fumare da un pezzo. Così Gino Cervi era adorato come interprete di Maigret da Georges Simenon perché fumava, veramente, la pipa come il suo ispettore. Il tabacco ha conosciuto una parabola completa nel Novecento che ha il suo punto più alto nelle parole del vecchio medico al giovane Guglielmo Speranza ne «Gli esami non finiscono mai», di Eduardo: «Vi consiglio di limitare a tre le sigarette, divise come le divido io: una la mattina dopo il caffè, per esigenze.., personali, l'altra dopo pranzo e la terza la sera, dopo cena». Sì, ma dove? Oggi è proibito fumare anche nella Death Valley.
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