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La Via Crucis di Papa Francesco nella piazza deserta

La croce è portata da medici e detenuti di Padova

Silvia Sfregola
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I rumori di Roma lasciano posto al silenzio tenace della quarantena, del lutto e della lotta. La Croce gira intorno all'obelisco, procede verso il ventaglio - la grande scalinata che porta sul sagrato - fino al "Crocifisso dei miracoli" di San Marcello, illuminato ai piedi delle scale, per la dodicesima stazione. La tredicesima è a metà del ventaglio, l'ultima è sulla piattaforma dove siede Papa Francesco. Ecco la Via Crucis imposta dal Coronavirus. Non c'è l'imponente cornice del Colosseo in questo Venerdì Santo. C'è quella più ristretta e non meno suggestiva di piazza San Pietro, con il percorso segnato dalle fiaccole. Il cammino della Croce è condotto da due gruppi: quello del carcere Due Palazzi di Padova e quello della Direzione Sanità e Igiene del Vaticano. Così, sul Golgota, Papa Francesco porta un ex detenuto, il direttore del carcere, il vicecommissario della polizia penitenziaria, un agente della polizia, la volontaria Tatiana Mario, il cappellano don Marco Pozza e cinque tra medici e infermieri della Santa Sede. Per approfondire leggi anche: La Via Crucis senza fedeli Le meditazioni quest'anno sono scritte dai detenuti del carcere e da chi con loro è, in qualche modo, in relazione. Tra le stazioni risuonano le loro storie: il pusher, i genitori di una vittima di femminicidio, il sacerdote accusato ingiustamente di pedofilia e assolto dopo otto anni di processo. "Somiglio più a Barabba che a Cristo", scrive un ergastolano. "Eppure la condanna più feroce rimane quella della mia coscienza: di notte apro gli occhi e cerco disperatamente una luce che illumini la mia storia". Bergoglio non aggiunge un discorso al termine del rito, come fa di solito. Quest'anno, bastano i pensieri di chi soffre. Nelle pieghe delle loro parole, il Pontefice si sente "accolto, a casa", confessa lui stesso in una lettera scritta ai detenuti per ringraziarli del loro lavoro. I testi non sono firmati e anche di questo il Papa li ringrazia, per aver scritto storie in cui abitano le storie di tutti: "Avete disperso i vostri nomi non nel mare dell'anonimato, ma delle molte persone legate al mondo del carcere. Così, nella Via Crucis, presterete la vostra storia a tutti coloro che nel mondo condividono la medesima situazione".

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