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Mamme che uccidono un figlio. Ogni 10 giorni

DELITTO COGNE: DIFESA FRANZONI RICORRE IN CASSAZIONE

Sono donne in crisi di nervi. Dal 2000 ne hanno accoltellati o soffocati quasi quattrocento

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Genitori assassini. In Italia, nel 2014, si è contato un «figlicidio» ogni 10 giorni, per un totale di 39 casi, e un aumento del 77,3% sul 2013. Una cifre record, la più alta degli ultimi 15 anni, con un incremento sull'anno precedente (quando le vittime erano state 22). Il drammatico bollettino arriva dal primo Rapporto Eures. Considerando l'intero periodo 2000-2014 sono stati 379 i figli uccisi da un genitore naturale o acquisito, pari a uno ogni 15 giorni. In particolare il 95,5% dei figlicidi (362 in valore assoluti) è stato compiuto da un genitore naturale e il 4,5% (17) da uno acquisito. In 6 casi su 10 l'assassina è la madre. Oltre la metà dei figlicidi - 195 tra il 2000 e il 2014 (51,5%) - si è consumato al Nord che si conferma l'area più a rischio. Considerando gli ultimi 15 anni, la Lombardia, con 66 figlicidi tra il 2000 e il 2014 (pari al 17,4% del totale), conferma il valore più alto, seguita dall'Emilia Romagna (39 casi, pari al 10,3%), e dal Lazio (38 casi, pari al 10%). Contrariamente a quanto avviene per il complesso degli omicidi in ambito familiare, nei figlicidi prevalgono le vittime maschili, che rappresentano il 59,1% delle 379 censite tra il 2000 e il 2014. In oltre la metà dei casi gli autori si tolgono la vita (il 40%), o tentano di farlo (12,1%), il 21,4% si costituisce restando presso il luogo del delitto, mentre una quota significativa (il 18,1%) nega il fatto, allontanandosi, occultando il cadavere, riprendendo una vita normale, o accusando terze persone. Tra i moventi che portano a uccidere un figlio, al primo posto figurano problemi psicologico-psichiatrici con forme di grave depressione o disturbi psichici (cause del 46,5% dei figlicidi, che sale al 62,4% tra le madri, scendendo al 24,4% tra i padri); al secondo l'area relazionale (29,3%), che si innesta nel quadro dei cosiddetti «omicidi del possesso», ovvero di delitti in cui le pulsioni aggressive e la volontà «punitiva» di un coniuge possessivo e violento (quasi sempre il padre) sono rivolte alla relazione di coppia, e dove il figlicidio diviene un'azione strumentale anch'essa indirizzata contro la coniuge/la ex coniuge. La terza condizione è data dal rifiuto della genitorialità, il cosiddetto «figlio non voluto» (pari al 18,6%), imputabili nella quasi totalità dei casi a madri che non hanno mai accettato la gravidanza. La quarta condizione (4,2%) è quella della violenza estrema, in cui l'effetto, l'uccisione del figlio a seguito di percosse, risulta spropositato rispetto alla causa (il pianto, un piccolo litigio, ecc). Infine, l'1,4% dei casi riguarda padri incapaci di accudire un figlio con disabilità fisica o mentale. I delitti vengono compiuti nel 22,8% dei casi con un'arma da taglio, seguita dal soffocamento (19,7%), le armi da fuoco (utilizzate nel 12,7% dei casi), mentre il 12,2% è avvenuto per annegamento, il 10,3% per precipitazione, il 6,6% con armi improprie, il 6,1% per strangolamento e il 4,7% con percosse.

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