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"Un uomo guardava il cadavere di Yara"

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Lo ha raccontato al processo l'aeromodellista che ha scoperto il corpo nel 2011 La sorella Keba: «Lei non aveva amici adulti e usciva solo con il permesso»

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Il giorno del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio, sul posto c'era anche un uomo che seguiva la scena da lontano e che poi è scomparso all'arrivo della polizia. Lo ha raccontato ieri all'udienza per il processo a Massimo Bossetti, Ilario Scotti, l'aeromodellista di Bonate Sotto che per scoprì il corpo della ragazzina nel campo di Chignolo d'Isola, mentre provava un modellino. «Quando andai a recuperare l'aereo - ha ricordato - mi sembrò di vedere un mucchio di stracci, poi capii che era un cadavere e chiamai il 113. Mentre aspettavo vidi un uomo calvo, di 50-55 anni, al volante di un'utilitaria: ha posteggiato all'inizio della stradina, è sceso dall'auto e poi è salito con i piedi sui dei blocchetti di cemento da dove è rimasto a guardarmi per 10-15 minuti, poi si è allontanato quando si sono sentite le sirene delle volanti della polizia». Il corpo di Yara è stato trovato il 26 febbraio 2011, per ironia della sorte a poche centinaia di metri da quello che era il centro di coordinamento delle ricerche della ragazza scomparsa il 26 novembre 2010 dopo essere uscita dalla palestra a Brembate di Sopra. Per quasi tre mesi le forze dell'ordine e la Protezione Civile hanno setacciato la provincia in cerca di Yara, perlustrando aree verdi, boschi, monti, fiumi e rogge, mentre il corpo di Yara si trovava a poche centinaia di metri da loro. Un dettagliato ritratto di Yara Gambirasio e della sua vita è stato tracciato in aula dalla sorella Keba nel corso della testimonianza raccolta dal tribunale di Bergamo nel procedimento che vede che vede imputato per il presunto omicidio Massimo Bossetti. «Non avevo mai conosciuto Bossetti e nemmeno i suoi familiari - ha affermato Keba Gambirasio - Yara era una sveglia, e sportiva, sempre in jeans e maglietta, metteva la gonna solo per le occasioni ufficiali. Non mi ha mai parlato di ragazzi più grandi nédi avere confidenza con alcuni di loro. Non aveva rapporti con persone più grandi, me lo avrebbe detto oppure lo avrei saputo: io conoscevo tutte le sue frequentazioni, i compagni e gli amici del Centro estivo. Lei non mi mostrava mai il telefono cellulare, ma so che nei contatti aveva solo numeri di parenti e compagni di scuola». «Quando andavamo in vacanza - ha aggiunto - stavamo dai parenti e frequentavamo solamente loro, e per uscire di casa chiedevamo sempre il permesso ai genitori. La sera in cui è scomparsa avevamo discusso per portare lo stereo in palestra, ma poi avevamo deciso che lo avrebbe portato lei». Keba Gambirasio è arrivata in tribunale accompagnata dalla mamma Maura Panarese e dal papà Fulvio. Molto emozionata, la ventenne, parte civile al processo, ha ripercorso le fasi della sera della sparizione della sorella, che ha spiegato, «non aveva un diario personale, solo quello di scuola che io leggevo per controllare che facesse i compiti. Usava il pc per scrivere a dei ragazzi tedeschi gemellati con la scuola». Il 26 novembre 2010, ha raccontato, «sono uscita alle 15.45 per andare a pallavolo. Quando sono tornata mia madre mi ha detto che Yara era andata a portare uno stereo in palestra ed era preoccupata perché non era ancora tornata. Quella sera mamma uscì a piedi per cercare Yara, io rimasi a casa con mio fratello». In aula anche la gemella di Bossetti. Quando l'imputato è entrato in aula non ha mostrato l'indifferenza delle scorse sedute, ma ha salutato il pubblico e la sorella.

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