Dalla pizza al caciocavallo, la tradizione a tavola
Fra i piatti più rinomati ci sono la pasta fatta in casa, il baccalà e il formaggio Carmasciano
Antica terra degli Osci poi assimilati dai Sanniti, l'Irpinia ha una storia plurimillenaria che ha caratterizzato il patrimonio enogastronomico. È un susseguirsi di vallate e catene montuose, colline e corsi d'acqua. Le produzioni vinicole, tradizionalmente fra le più antiche d'Italia, sono circondate dai monti Picentini, del Partenio e del Taburno. E poi, solo per citare alcune tipicità, i Pomodorini di Collina di Montecalvo, l'Olio da olivi Ravece, Ogliarola, il Caciocavallo podolico di Montella a pasta filata dura, la Cipolla ramata di Montoro, dolce e molto aromatica, il Pane di Montecalvo (farina di grano duro di montagna). Fra i sapori locali al piatto, quello del baccalà che vede un suo importante «interprete» nel Ristorante Il Vecchio Mulino 1834 (www.ilvecchiomulinoristorante.com) sulla Strada provinciale Ponteromito-Castelfranci, località Bosco Baiano a Castelfranci (AV). Qui si utilizzano solo prodotti tipici unendo tradizione e inventiva moderna. Origine antica quella di questo antico mulino ad acqua la cui costruzione fu concessa da Re Ferdinando II di Borbone. In questa ambientazione unica, in un bosco, Maître Daniele Del Polito e creazioni dello Chef Mario Gaeta. Ci si sbizzarrisce con il Baccalà in tempura su misticanza e maionese dello chef o quello mantecato, fino al più tradizionale Baccalà alla Pertecaregna con peperoni cruschi (peperoni sottili, essiccati e fritti). Poi la pasta fresca, anche ripiena, la Minestra Maritata, con broccoli, ricotta salata e lardo di Colonnata, piatto che Gaeta sposa anche con la pasta creando i Fusilli Maritati. Molto particolari il Risotto ai porcini e mela annurca, il Budino al Caciocavallo o il Budino con vellutata di zucchine e tartufo di Bagnoli irpino. Altra tappa del gusto a Rocca San Felice (Av) uno dei tre centri dove si produce il celebre Pecorino Carmasciano: eccellenza tipica della zona, unica nel panorama italiano, è legata alla presenza di sorgenti sulfuree di mefite della Valle D'Ansanto dove Virgilio immaginò uno degli ingressi agli Inferi, luogo collegato antichissimo culto della dea Mefite. Il sapore del Carmasciano deriva dalla sua particolare produzione: latte da pecore come quelle di razza Laticauda o Bagnolese che si nutrono delle erbe che assorbono i solfiti della mefite; la vegetazione che nutre gli animali ha fragranza forte ed è ricca di Terpeni, molecole aromatiche che compongono le resine e gli olii essenziali di molte piante. Qui non si può tralasciare di sedersi ai tavoli del Ristorante Museo La Ripa nel borgo medievale di questo centro, presidio Slow Food, dove assaporare il Carmasciano e piatti con ingredienti di stagione grazie agli chef Enza Perna e Rino Cuoco. Quindi, Millefoglie di coniglio in porchetta con scaglie di Carmasciano e crema di broccoli aprilatici di Paternopoli, Maccaronara con grano arso, pomodori di San Marzano presidio Slow Food e scaglie di caciocavallo, Lasagna con cime di rapa di Paternopoli o Maccheroncini con farina integrale e scaglie di tartufo nero di Bagnoli.
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