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Volare da cento metri certi di non avere scampo

I luoghi d'Italia della "morte sicura"

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Il lancio nel vuoto per cancellare la disperazione del vivere. L'abbraccio con la morte si consuma in un attimo, poi lo schianto e la fine di tutto. Chi sceglie questo tipo di suicidio, si dice, vuole morire davvero. Proprio niente lo tiene legato alla sua esistenza terrena . Un gesto fatale e risolutivo. La tragedia di Ariccia è soltanto l'ultima di una lunga catena di morti e sangue. Il ponte in questione è in realtà un viadotto stradale costruito alla metà del XIX secolo fra i chilometri 23 e 24 della Via Appia, per «rettificare» il tracciato ttra Albano Laziale ed Ariccia. Nel corso degli anni è stato teatro di tantissimi suicidi. Molti erano arrivati da Roma, una scelta premeditata. Spesso accompagnata da un biglietto ritrovato nell'auto parcegiata vicina. Fu il caso di Marco, 30 anni, che nel 1995 si è gettato perchè non ce la faceva a separarsi dalla donna che amava. Prima di lui nello stesso anno altri quattro avevano fatto la stessa fine. Altri ne seuirono. Poi nel 2000 l'Anas per evitare ulteriori episodi pose delle barriere metalliche lungo tutto il ponte. Protezioni che non hanno salvato la mamma e il figlio precipitati venerdì notte. Non molto distante dalla Capitale c'è un altro «ponte dei suicidi». È il viadotto Pietraseccca (alto 100 metri) sulla A24 L' Aquila-Roma vicino a Carsoli. presso Carsoli. Sempre nel '95 dal viadotto si gettò l' intera famiglia Baracchi di Roma (la madre vedova e i tre figli) disperata perché indebitata con gli usurai. Una pattuglia della Polstrada dell'Aquila aveva visto la loro Alfa 164 ferma sulla corsia di emergenza. Gli agenti si sono avvicinati ed hanno chiesto spiegazioni: «Mia madre ha mal di stomaco, ce ne andiamo subito» aveva risposto il più anziano dei tre fratelli. Poco dopo i quattro si sono gettati. A distanza di pochi mesi altri due decessi. Alberto Volponi, 42 anni, che ha parcheggiato l'auto con le luci di emergenza accese. E Paolo Cianfarani, 52enne dell'Aquila che ha lasciato un messaggio in auo: «Avvertite mio padre». Ora il viadotto è protetto con un'alta rete ed episodi simil non si sono più ripetuti. Chi non ha lasciato nessun biglietto nell'auto abbandonata, tantomeno un ultimo ricordo alla famiglia è stato Edoardo Agnelli, 46 anni, l'unico figlio maschio di Gianni Agnelli. Edoardo ha concluso la sua tormentata esistenza sull' autostrada A6 Torino-Savona in territorio di Fossano, frazione Boschetti. Il rampollo di casa Agnelli è precipitato per 80 metri atterrando sul greto del torrente Stura. Il suo cadavere è stato trovato ai piedi del viadotto. Il cranio fracassato e il torace sfondato. In maccina trovata la sua patente. Altri ponti dei suicidi a Paderno d'Adda dove decine di persone, ogni anno, scelgono di farla finita, gettandosi nel vuoto dai suoi 85 metri di altezza sopra il fiume. Gente del posto in prevalenza, ma anche molti che giungono da ogni angolo della Lombardia, certi di non avere scampo una volta lasciatisi cadere di sotto, perché l'acqua, dopo un volo di cinque secondi, diventa come un muro in cemento contro cui ci si schianta a 150 chilometri orari di velocità. Poi il «Ponte delle Torri» di Spoleto ammantato da una sinistra fama. A febbraio è venuta giù una studentessa di 17 anni. Nella Capitale, crocevia del mondo, i luoghi deputati ai voli fatali sono soprattutto i ponti sul Tevere nella zona del centro come ponte Garibaldi e ponte Mazzini. Spesso turisti in preda a crisi depressive: fortunatamente si contano anche numerosi tentativi di suicidio scongiutati da salvataggi in extremis. Ma a farla finita con un tuffo nel Tevere sono tanti romani con storie dolorose alle spalle. Il fiume a volte riconsegna i corpi, altre volte no. Nell'Ottocento primi Novecento il posto dei suicidi per eccellenza è stato il Muro Torto da sempre sede di un «cimitero maledetto». A ridosso del muro, per secoli, anno trovato sepoltura in fosse comuni i reietti quelli che non erano «degni» di cerimonie religiose. Prostitute, non battezzati, ladri, assassini, stregoni, streghe, giustiziati. In molti a causa dell'influenza nefasta del muro sceglievano questo punto per gettarsi nel vuoto. Per fermare l'epidemia di suicidi si decise di mettere delle reti metalliche «dissuasive». Che stanno ancora lì.

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