Io, mia sorella Francesca e l'infamia di Bologna
di Italo Mambro
Caro direttore, sono il fratello più piccolo di Francesca Mambro. Per anni ho cercato di tenere viva l'attenzione della stampa, degli intellettuali e dei cittadini, non tanto sulla condanna ingiusta a mia sorella ma su un processo che di riflesso ha interessato l'Italia intera: quello per la strage alla stazione del 2 agosto 1980. La nostra è una famiglia semplice, non benestante, che non si è potuta permettere grossi principi del foro. Per fortuna bravissimi avvocati, spesso “di sinistra”, ci hanno aiutato a tentare l'impossibile, ossia un'equa sentenza a Bologna basata sulle prove e non sugli indizi. Una volta siamo pure riusciti nel miracolo. Al processo d'appello Francesca e Valerio furono assolti perché la maggioranza della giuria popolare, composta da gente qualunque, si era convinta dell'abnormità delle accuse mosse e dell'assenza dei riscontri a sostegno. Ma andati via quei giudici popolari, altri giudici (in toga) scrissero una sentenza che venne definita “suicida” perché supportata da motivazioni facili da smontare. E così fu. Quell'assoluzione voluta dal popolo ma avversata dalle istituzioni, fu distrutta dalla Cassazione. Il processo d'appello venne rifatto e il bersaglio, stavolta, venne colpito e distrutto una volta per tutte. La sentenza spiazzò non solo gli addetti ai lavori ma una larghissima fetta dell'opinione pubblica in gran parte formatasi in ambienti politico-ideologici anni luce lontani da Francesca e Valerio. Qualcuno gridò allo scandalo, altri arrivarono a parlare di gogna e persecuzione. Da allora soffriamo in silenzio di una vergogna abissale, cupa, irrisolvibile, dei continui messaggi medievali che arrivano da Bologna. Soffriamo della contraddizione di una società civile che ha saputo assolvere mia sorella e di un ristretto mondo vendicativo e col paraocchi che continua ad andare dritto per la sua strada. Sarebbe tutto più facile se l'odio contro mia sorella venisse da tutta una città, da una intera “regione rossa”. Ce ne saremmo fatti una ragione. Invece la cosa è molto più difficile da sopportare perché in realtà gran parte de messaggi di solidarietà che a centinaia riceviamo in queste ore arriva proprio da Bologna, e da molta, moltissima gente di sinistra. Caro direttore, non voglio entrare nel merito di chi e perché ha giudicato ingiustamente, di chi è perché giudica ancor oggi senza sapere, di chi e perché non ha indagato su piste alternative emerse solo dopo 40 anni. Non mi esprimo nemmeno, data l'abnormità della cifra, sui 2 miliardi di danni allo Stato contestati a mia sorella. Soprattutto non voglio rispondere a chi esulta più che per la condanna per le ripercussioni eterne nei confronti di discendenti di Francesca e Valerio. Voglio solo mandare un bacio a mia nipote che nulla centra con questa storia e che deve essere fiera di come suo padre e sua madre hanno saputo e sanno resistere alle conseguenze dei loro errori di gioventù, pagati con un carcere lungo e duro. Potrà contare sempre su di me, sui miei fratelli, sui nostri molti amici, sulla stragrande maggioranza degli italiani che sono certi della loro innocenza. Lei non pagherà per le colpe dei genitori. Crescerà bella e serena. Condividendo la nostra certezza “indelebile” dell'innocenza sulla strage di Bologna. Con buona pace delle persone prepotenti, cattive e gonfie d'odio.
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