Le inchieste bufala sul re della mozzarella
Giuseppe Mandara arrestato per la terza volta: nei casi precedenti fu scarcerato dal Riesame LA MOGLIE: "Se dimostrano che mio marito è un camorrista mi ammazzo"
L'arresto del «Re della mozzarella», Giuseppe Mandara, che da Mondragone esporta il suo prodotto in tutta Italia e all'estero, è apparentemente chiaro: un grande imprenditore finisce in prigione, e la sua azienda sotto sequestro, per le sue collusioni con la camorra e per aver usufruito dei soldi del clan La Torre nella creazione del suo impero economico. Una storia torbida, dunque, con accuse gravissime elencate dalla Dda di Napoli: associazione per delinquere di stampo mafioso, riciclaggio, reimpiego di capitali di provenienza illecita. Una lunga vicenda che sembra finire con il «colpevole» messo spalle al muro. Eppure le vicissitudini giudiziarie di Mandara non sono così lineari. Secondo la ricostruzione dei pm, la Mandara Srl nasce nel 1983 grazie ai soldi provenienti dal clan La Torre, che «investì» nell'impresa 700 milioni di lire. Accuse che provengono dal boss pentito Augusto La Torre. L'inchiesta si basa quasi esclusivamente sulla sua versione dei fatti, tanto che la procura di Napoli ha depositato 49 atti giudiziari nel tentativo di dimostrare che le parole del pentito sono attendibili. Nelle carte alla base dell'arresto, il percorso collaborativo di La Torre, che non è più ufficialmente un «pentito», viene definito «lineare». La Torre è ritenuto credibile perché «ha continuato a sostenere dichiarazioni nel corso di numerosissime udienze dibattimentali quale testimone nonostante abbia perso lo status di collaboratore di giustizia». Ma è proprio la figura di Augusto La Torre il punto debole che ha travolto la precedente inchiesta, quella del 2012, quando Mandara è finito in carcere con le stesse accuse e il Riesame lo ha rimesso in libertà spiegando che il pentito «è stato già ritenuto soggettivamente inaffidabile in più provvedimenti giudiziari e nei suoi confronti si è più volte proceduto per calunnia», aggiungendo che la sua storia criminale rende «sospetto e non credibile ogni suo movimento labiale ed ogni suo scritto». Non solo. Secondo i giudici che lo rimandano a casa, «si può fondatamente ritenere che il clan La Torre non sia più operativo da almeno dieci anni». Ai magistrati Mandara ha spiegato che «l'acquisto dell'azienda fu formalizzato attraverso l'emissione di cambiali ipotecarie» e che «se fosse vero il racconto di Augusto La Torre, avremmo avuto soldi freschi per risanarla. Invece abbiamo pagato fino all'ultima cambiale». Mandara fu arrestato anche nel lontano 1991, e pure allora la custodia cautelare venne annullata dal Riesame che definì l'imprenditore «un onesto lavoratore». Mandara ne uscì pulito e come vittima del clan. Ora lo accusano anche di aver depistato le indagini per l'omicidio di un altro imprenditore caseario, Antonio Nugnes, scomparso nel luglio del 1990 e mai più ritrovato.
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