Col buttafuori il narcos è in discoteca
Indagine dei carabinieri sulle società di sicurezza dei locali della movida. La pista nata dall'agguato a Cogliano, «principe» della notte
Ci sarebbe un «problema» sorto nel mondo della gestione della security di discoteche e locali notturni romani alla base del tentato omicidio di Massimiliano Cogliano, bersagliato di colpi nel novembre del 2011. I carabinieri che conducono le indagini, coordinati dal pm Leopoldo De Gregorio, avrebbero infatti puntato gli accertamenti proprio sulle società che «controllano» la sicurezza delle discoteche romane. Non solo. Gli inquirenti avrebbero individuato un giro che vedrebbe coinvolti anche alcuni esponenti del clan dei Casamonica e che si intreccerebbe ad un traffico di sostanze stupefacenti portato avanti in tandem con un gruppo criminale appartenente alle mafie albanesi, da anni ormai radicate negli affari illeciti della Capitale. Massimiliano Cogliano infatti è considerato come uno dei «principi» delle notti capitoline e all'epoca del tentato omicidio gestiva – attraverso la «punch service», una società fondata ad Ostia dallo stesso Cogliano – la sicurezza in alcuni dei locali più in voga della movida romana, nella zona di Ostiense come il «Goa», il «45 Giri», «l'Ametista», il «Neo Club Roma» e il «Marilyn». Una storia strana quella del ferimento di Cogliano (buttafuori per professione e boxeur dilettante ma con un discreto curriculum sportivo) che arrivò al policlinico Tor Vergata di Roma in condizioni disperate dopo che i suoi aggressori avevano tentato di toglierlo di mezzo a colpi di calibro 40. Nella notte di Halloween del 2011 Cogliano viaggiava a bordo della sua auto in compagnia di una donna, rimasta incredibilmente illesa nonostante la pioggia di piombo. Era da poco sorto il sole sulla Capitale quando una macchina con a bordo il gruppo di fuoco, dopo essersi accostata al Suv guidato dalla vittima, iniziò a sparare. Nove colpi esplosi in rapida successione nell'assonnata indifferenza di un quartiere al limite come quello di Tor Bella Monaca che colpirono il pugile (un omone di 130 chili) al collo e all'addome ma che non bastarono a fermare Cogliano. L'uomo infatti trovò la forza di uscire dalla propria auto trascinandosi per qualche metro prima di cadere, esamine, in una pozza di sangue. Una pioggia di fuoco che, fortunatamente, lasciò illesa la ragazza che viaggiava in auto con Cogliano e che si era addormentata durante il tragitto. Pensando probabilmente di avere portato a termine il proprio piano (anche se dei 9 colpi esplosi solo 4 centrarono il bersaglio), i killer abbandonarono la scena del crimine a bordo di una Bmw che fu ritrovata bruciata poche ore dopo nella zona di Grottarossa, diversi chilometri più a nord della città. Dalle indagini effettuate nell'immediatezza dell'agguato, emerse che i killer avevano utilizzato una pistola semiautomatica calibro 40 Smith&Wesson. Pallottole di una certa dimensione, dello stesso tipo usato per eliminare un altro ex pugile, Simone Colaneri, detto «il Teppista», ferito a morte il pomeriggio del 27 luglio a Primavalle. Non era la prima volta che Cogliano si trovava di fronte ad una pistola spianata: un anno prima dell'agguato infatti la vittima, che in quella occasione si occupava della vigilanza al Salone delle Tre Fontane, all'Eur ebbe un problema analogo. Un ragazzo di Tor Pignattara, che in quell'occasione era troppo agitato era stato allontanato, proprio da Cogliano. Il giovane, risentito, era andato a casa tornando con una 7,65: l'aveva puntata al petto del buttafuori e aveva sparato. Ma l'arma si inceppò e il tentato omicidio si concluse con l'attentatore ricoverato in ospedale in seguito alla reazione del pugile.
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