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Lazio affossata ma serve cambiare le regole degli arbitri

I clamorosi errori di Di Bello impongono di avere un ente terzo a giudicare l'operato dei fischietti

Luigi Salomone
Luigi Salomone

Giornalista per passione, Lazio, pollo arrosto con tante patate al forno, tradizione Roma Nord Ponte Milvio, Gesù e Maria al Fleming

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Il ristorante Di Bello di Brindisi prepara l’amaro per martedì. L’antipasto lo aveva servito involontariamente con la dichiarazione di guerra alla Federcalcio a nome della Lega di serie A, il presidente Lotito. Poi, durante la Lazio-Milan, una serie di piatti prelibati cucinati dallo chef pugliese fino al dessert delle espulsioni nel recupero dei malcapitati Marusic e Guendouzi. Adesso tocca al giudice sportivo, proprio nel giorno della sfida impossibile contro il Bayern Monaco, chiudere il conto analizzando il referto di un arbitro davvero confuso per comminare le squalifiche previste dai regolamenti. Le premesse di un atteggiamento persecutorio anche nella pancia dell’Olimpico al momento di scrivere il suo rapporto preoccupano il club che, oltre all’evidente danno subito, rischia ora la beffa di ulteriori squalifiche che comprometterebbero il finale di campionato. 
Certi dello stop i tre espulsi, sui due che hanno visto sventolarsi davanti il rosso diretto, c’è il timore che si possa arrivare anche a 2-3 giornate (Pellegrini se la potrebbe cavare con un solo turno) senza dimenticare il rissone dopo il fischio finale dove è successo di tutto. E il solerte direttore di gara potrebbe aver continuato a calcare la mano sui poveri laziali ormai innervositi dallo scempio subito allungando il numero degli assenti nelle prossime partite. Ancora 48 ore e sapremo se prevarrà il buonsenso mai visto in campo fermo restando che il problema resta e lo ha ribadito Lotito. Da decenni nel calcio italiano gli arbitri sono una casta autoreferenziale che se la canta e se la suona. Fanno tutto loro, da soli, al massimo con la supervisione della Figc, non hanno un organismo terzo che si occupa di giudicare il loro operato. Il guasto alimenta i dubbi (con calciopoli risultati quantomai reali) non solo sulla bravura ma anche sulla buonafede di un’associazione (AIA) piena di guai e incongruenze. 
Società quotate in Borsa affossate, verdetti su retrocessioni, scudetti e posti Europei che valgono milioni di euro decisi da un ente sgangherato che riesce a far danni anche col Var, interpretato a loro piacimento. Aggrappati al totem della discrezionalità per spiegare episodi simili giudicati sempre a favore dei soliti noti. Servirebbe cambiare regole e giudici ma, tra qualche giorno sarà tutto dimenticato: appuntamento al prossimo disastro con i tifosi sfortunati spettatori di un pallone sempre più sgonfio. Sotto a chi tocca.

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