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Lazio allo sbando

Sconfitta a Salerno: non basta Immobile, ennesima rimonta subita dall'ultima della classe

Luigi Salomone
Luigi Salomone

Giornalista per passione, Lazio, pollo arrosto con tante patate al forno, tradizione Roma Nord Ponte Milvio, Gesù e Maria al Fleming

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ALtro che rimonta, la crisi d’identità e di gioco, dopo qualche timido segnale di risveglio, riesplode in un pomeriggio ventoso a Salerno. Contro l’ultima in classifica che non aveva mai vinto, arriva una sconfitta tanto sanguinosa quanto inattesa al termine di un’altra prestazione impalpabile di un gruppo allo sbando. Sotto processo tutti, a cominciare da Sarri che ha presentato una squadra con i cerotti dopo due settimane di allenamento forsennato a Formello (stirati Casale e Romagnoli). Se poi aggiungiamo l’assenza per squalifica di Luis Alberto ecco spiegato il tracollo di Salerno che doveva essere la prima tappa della risalita. Esulta Pippo Inzaghi, lo spirito per potersi salvare c’è.
Ma andiamo con ordine: Immobile su rigore apre la partita (fallo ingenuo di Gyomber che poco dopo meriterebbe il secondo giallo). Primo tempo in controllo anche se Bohinen fa tremare la traversa nell’unica azione degna di nota. 
Il resto è noia totale con la Lazio incapace di sfruttare anche il regalo del destino perché, all’inizio della ripresa, subisce, il pareggio di Kastanos (non impeccabile Provedel nella prima respinta sulla girata di testa di Candreva). Poi nel cuore di una frazione di gioco dove i padroni di casa stavano salendo di intensità, trovano con l’ex indemoniato il 2-1 fatale, ennesima rimonta subita, proprio come a Lecce e in tante altre occasioni. Il finale è comico con cambi sconclusionati: i primi due obbligati per l’infortunio di Zaccagni e il giallo di Lazzari, con Pedro e Hysaj), poi Castellanos e Isaksen per Lazzari, Immobile e Felipe, infine Vecino per Cataldi. Tutto scontato, mai un guizzo del comandante toscano perché non si può cambiare lo spartito, non si può sparigliare per andare a cercare un episodio per riprendere la gara. E, come al solito, il ko è servito con tanto di classifica inguardabile, la peggiore degli ultimi dieci anni. Non capire che sia arrivato il momento di cambiare qualcosa perché la squadra non risponde più, è un grave limite di Sarri. Che non è ovviamente l’unico colpevole di questi quattro mesi di stagione con una Lazio troppo spenta per essere vera. Il mercato ha portato davvero poco finora, i rinforzi tardano a inserirsi, i vecchi stentano tra contratti non rinnovati e prestazioni deludenti. Il cocktail è letale, le responsabilità della società evidenti, sul banco degli imputati salgono anche il presidente Lotito e il diesse Fabiani. Alcune scelte non stanno producendo gli effetti sperati e ora c’è la partita di martedì contro il Celtic per restare in corsa almeno in Champions. 
Ma la posizione in campionato è imbarazzante per tutti quelli che stanno confezionando uno spettacolo vergognoso per i tifosi che pure in questa stagione stanno accompagnando con entusiasmo il cammino dei biancocelesti. Altro che scuse, altro che cilindrata mentale, altro che «bisogna lavorare», qui lo scenario è chiaro a chiunque abbia visto le partite della Lazio finora. Servono soluzioni, pure scelte dolorose se si vuole puntare sui giovani. Vedere esultare Kastanos, Fazio e Gyomber è lo specchio del momento, così come gli sguardi allibiti dei cinquecento tifosi presenti all’Arechi. Basta alibi anche per i giocatori, sempre troppo protetti: c’è bisogno di una scossa per non sprofondare.
 

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