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Rimpatri, vince il modello italiano. Piantedosi: "Svolta voluta da noi"

Foto:  Ansa

Gianni Di Capua
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Sulle politiche migratorie dell’Ue si è prodotta la «svolta» che da tempo il governo italiano auspicava. In una giornata definita «decisiva» per la gestione dei flussi in Europa, i ministri degli Interni hanno infine trovato l’intesa su tre regolamenti di peso che ridisegnano il sistema comune su rimpatri, Paesi sicuri e solidarietà, segnando secondo il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi - proprio quella «svolta che l’Italia chiedeva da tempo». Al Consiglio Affari Interni, i governi hanno chiuso l’accordo sul nuovo regolamento rimpatri, che introduce per la prima volta obblighi precisi per i cittadini di Paesi terzi irregolari, procedure accelerate e la possibilità di creare «return hubs» (o centri di rimpatrio) in Paesi non Ue. E l’Italia già candida a buon diritto i centri albanesi a primo modello europeo di «return hubs». Piantedosi ha così rivendicato il ruolo giocato da Roma: «Finalmente abbiamo ottenuto una lista europea dei Paesi di origine sicuri, riformato completamente il concetto di Paese terzo sicuro e ci avviamo a realizzare un sistema europeo per i rimpatri realmente efficace. Gli Stati membri potranno applicare procedure accelerate di frontiera, come previsto dal protocollo Italia -Albania».

Il Consiglio ha adottato anche la propria posizione sulla riforma del concetto di Paese terzo sicuro e sulla prima lista Ue dei Paesi di origine sicuri. Le nuove regole permetteranno di dichiarare inammissibili le domande d'asilo in tre casi: transito nel Paese terzo sicuro, accordo formale con un Paese sicuro o presenza di una «connessione». Decade anche il diritto automatico a rimanere nell’Ue durante i ricorsi. Per la prima volta viene definita una lista Ue di Paesi sicuri di origine: Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia, oltre ai Paesi candidati all’adesione. Sul fronte interno, i Ventisette hanno raggiunto anche l'accordo politico sul «solidarity pool» del Patto migrazione e asilo per il 2026, pari a 21 mila ricollocamenti o contributi equivalenti da 420 milioni di euro, destinati a sostenere i Paesi sotto pressione: Italia, Grecia, Cipro e Spagna. Più che sui ricollocamenti dei richiedenti asilo, l’Italia punta al «controllo delle frontiere esterne», per ridurre i flussi migratori irregolari ed evitare di avere bisogno di ricollocare migranti in altri Paesi Ue. Lo ha spiegato bene il ministro dell’Interno: il pool di solidarietà, spiega Piantedosi, «è stato uno dei punti di negoziato», sul quale però «l’Italia non ha voluto porre accenti par ticolari, perché noi abbiamo sempre puntato, coerentemente con le nostre posizioni, come governo Meloni, sul fatto che dovesse essere incentrata tutta l'attenzione al controllo delle frontiere esterne».

Per il buon esito dei negoziati è stata «fondamentale» la collaborazione, proposta dal nostro Paese, con la Francia e la Germania: «Con quest'ultima, in particolare, abbiamo condiviso un nuovo approccio verso le Ong, che abbiamo convenuto costituire spesso un fattore di pull factor per i flussi migratori irregolari», ha evidenziato il ministro. «In coerenza con il quadro europeo, Italia e Germania hanno inoltre concordato un azzeramento dei "dublinanti" fino all'entrata in vigore del nuovo patto asilo e migrazione, quando i nuovi meccanismi adottati garantiranno il giusto equilibrio tra solidarietà e responsabilità». Per l’Italia, insomma, la giornata ha rappresentato «un grande successo», come sottolineato da Piantedosi: «ora i poteri degli Stati di frontiera nella distinzione rapida tra chi ha diritto all’asilo e chi deve essere rimpatriato sono più solidi».

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