delitto di Garlasco
Garlasco, la libertà di stampa vince sulle gemelle Cappa. “Rispettata la verità”
Una vittoria per la libertà di stampa, contro chi tenta di mettere il bavaglio ai giornalisti. E con il caso Garlasco, l’Ordine fa quadrato per difendere, sulla base dell’articolo 21 della Costituzione e sul principio deontologico del dovere di cronaca, chi ci mette la faccia per informare l’opinione pubblica sugli sviluppi dell’inchiesta ma viene intralciato da diffide e minacce di querela. È quello che è accaduto alla nostra collega Rita Cavallaro che, fin dalla riapertura dell’inchiesta della Procura di Pavia che coinvolge Andrea Sempio, scava negli atti per ricostruire una delle peggiori indagini della storia giudiziaria, finita con la condanna di Alberto Stasi. Una ricostruzione che ha incluso tutti i protagonisti. Tra queste le gemelle Stefania e Paola Cappa, le cugine di Chiara Poggi che, da quel 13 agosto 2007, avevano attirato l’attenzione per il fotomontaggio con la vittima. In un’inchiesta in cui tutto è stato rimesso in discussione, anche la famiglia Cappa è finita sotto i riflettori mediatici, soprattutto dopo la scoperta di un «super testimone» che ha portato gli inquirenti a dragare il canale sotto una casa di famiglia, alla ricerca dell’eventuale arma del delitto. Così tutti i particolari riguardanti i Cappa, tra verbali con gli alibi e intercettazioni esclusive, sono stati pubblicati da Il Tempo, per poi essere ripresi da altri giornali e tv.
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Al punto da scatenare l’ira della famiglia, soprattutto quella dell’avvocato Ermanno Cappa, che già nel 2007 aveva tentato di mettere il bavaglio al «direttorissimo» Vittorio Feltri. «Ho un incontro con alcuni deputati per attaccarlo», diceva intercettato il padre delle gemelle, che avrebbe inoltre contattato alti funzionari del Garante della Privacy e dell’Ordine dei giornalisti «che hanno già “cazziato” La Stampa di Torino», nonché «un senatore identificato con le iniziali A.C». E a diciott’anni di distanza, l’interventismo dell’avvocato sulla stampa non è cambiato: ha presentato un esposto all’Ordine del Lazio contro Cavallaro, appigliandosi a un articolo a sua firma sul settimanale Gente.
Il Primo Collegio del Consiglio territoriale di disciplina, però, «non ritenendo ci siano i presupposti per l’attivazione di un procedimento disciplinare», ha dato ragione alla nostra cronista, deliberando «all'unanimità il non luogo a procedere». Il Consiglio, rispondendo punto per punto all’avvocato Cappa, ha ricordato che «ogni giornalista è tenuto al rispetto della verità sostanziale dei fatti ma, di contro, non basta asserire che quanto pubblicato sia falso se non vengono forniti elementi utili a rappresentare un fatto diverso», si legge nel provvedimento. «Peraltro, nemmeno si può affermare», continuano, «che riguardo alla riapertura delle indagini su Garlasco, e ai nuovi fatti che via via sono emersi e che stanno ancora emergendo, manchi l’interesse pubblico alla notizia, esigenza comprovata dalla diffusione che gli elementi oggetto di indagine, compresi gli spostamenti dei familiari della vittima il giorno dell’omicidio, hanno avuto e continuano ad avere sugli organi di informazione».