extra omnes

Sistina tra trattative e preghiere. Quel ticket Parolin-Tagle Papa e Segretario di Stato

Francesco Capozza

Quale andamento esatto avranno avuto le votazioni di questo Conclave 2025 potremmo non scoprirlo mai, o forse tra qualche anno emergerà il diario segreto di un cardinale come avvenne dopo l’elezione di Joseph Ratzinger. Oppure il Papa che sarà eletto deciderà di raccontarlo lui stesso, come ha fatto Bergoglio; d’altronde l’unico a poter rompere il segreto sull’elezione del successore di Pietro è lui stesso, l’eletto. Cosa è accaduto nella prima votazione svoltasi ieri nel tardo pomeriggio si saprà forse con il tempo, intrecciando resoconti anonimi di qualche partecipante, ma quanto si stesse profilando nelle ore immediatamente precedenti all’«Extra Omnes» è già tema di dibattito, ragionamento, valutazione tra le Sacre Mura che da ieri sera sono sprofondare nel più assoluto silenzio, almeno apparente. Perché una cosa è certa: le trattative, gli incontri riservati, i gruppi di discussione tra i 133 uomini muniti di porpora sono proseguiti fino a tarda sera all’interno della blindatissima Casa Santa Marta.

 

 

La prima votazione serve sempre a pesarsi, a mostrare i propri numeri e i muscoli di ogni singolo gruppo che appoggia questo o quel candidato a Soglio. Il fatto che i cardinali abbiano deciso di procedere immediatamente al primo scrutinio già ieri pomeriggio (era loro facoltà prevista dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis di rimandare il voto iniziale a stamattina) conferma la volontà diffusa di non perdere ulteriore tempo ma ha dato loro anche il vantaggio di utilizzare la prima sera per continuare a tessere tele, provare a fare alleanze, capire su chi far convergere il proprio pacchetto di voti. Nelle ultime ore che hanno preceduto l’ingresso degli eminentissimi nella Cappella Sistina una fonte molto attendibile a cui non possiamo che riconoscere l’autorevolezza di persona che conosce molto bene il principale candidato al papato ci ha riferito di un’ipotesi che fino a ieri sembrava impensabile: un possibile accordo tra l’ex Segretario di Stato e uno dei suoi principali antagonisti in questo Conclave, il porporato filippino Luis Antonio Tagle. Questa ipotetica ma altrettanto bizzarra alleanza, qualora venisse stipulata nelle prossime ore, avrebbe un unico punto di caduta: a Parolin il papato, a Tagle la Segreteria di Stato. Una combinazione certamente sui generis, ma nelle more di quella che è ormai una prassi consolidata quanto meno dalla seconda metà del pontificato di Paolo VI: se il Papa è italiano il suo primo ministro è uno straniero e viceversa.

 

 

Chiaro che Parolin, se davvero dovesse riuscire ad essere eletto Papa, avrebbe come prima incombenza quella di trovare un sostituto a sé stesso al vertice della diplomazia vaticana. Solitamente, infatti, il nuovo pontefice proroga “donec aliter provideatur”, fino a quando non sarà deciso altrimenti, il Segretario di Stato del suo diretto predecessore ma nel caso in cui Parolin dovesse vestire la talare bianca si troverà subito a doverne scegliere uno tutto suo. E questo dettaglio di non poco conto in un certo senso potrebbe anche facilitare le trattative del candidato in pectore ma viceversa anche provocare il rischio d’incartarsi tra tanti aspiranti che per far confluire i loro più o meno piccoli pacchetti di voti sono pronti a chiedere posti e rassicurazioni di ogni tipo. È il caso, per esempio, del cardinale Victor Manuel Fernandez, uno degli uomini di curia più vicini a Bergoglio e ancora affranto per la sua morte. Il porporato argentino potrebbe chiedere al candidato che desiderasse il suo appoggio di essere confermato come Prefetto per la Dottrina della Fede e si vocifera che abbia già palesato questo intendimento proprio a Pietro Parolin.

 

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C’è poi il gruppo variopinto dei cardinali conservatori, non molti a dire il vero, una ventina o poco più, ma pronti lancia in resta a cercare di bloccare qualsiasi candidato possa essere la fotocopia di Francesco. Anche loro, ovviamente, non si accontenteranno di promesse in campo dottrinale e teologico, ma vorranno dire la loro dai posti che contano in Vaticano. Si ragiona in tal senso che il cardinale americano Raymond Leo Burke, da Bergoglio prima allontanato dalla Curia e successivamente privato di appartamento e stipendio, potrebbe essere riabilitato dal nuovo Papa. Tutte queste trattative, queste mosse strategiche, questi ammiccamenti potrebbero sembrare peculiarità tipiche della politica laica ed in effetti lo sono, ma corrispondono anche alla realtà della Chiesa, soprattutto quando in ballo c’è l’elezione del Supremo Pastore.