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Chico Forti oggi in Italia: il Falcon 2000 atterrerà a Pratica di Mare

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Dario Martini e Rita Cavallaro
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Una volta uscito dalla prigione americana, l’attesa si è rivelata più breve del previsto. Chico Forti, il 65enne trentino detenuto per 24 anni in un penitenziario della Florida, è partito per l’Italia. È atteso già per questa mattina all’aeroporto militare di Pratica di Mare. Ieri sera, infatti, un Falcon 2000 della nostra Aeronautica è decollato da Miami per riportarlo a Roma. Una vittoria indiscutibile per il governo italiano e per il presidente del Consiglio che negli ultimi mesi ha lavorato personalmente nel massimo riserbo e in sinergia con le autorità americane. Condannato all’ergastolo negli Stati Uniti per omicidio sarà portato poi nel carcere di Verona. Forti ha trascorso quasi un quarto di secolo in una prigione di massima sicurezza, dove era destinato a morire in virtù di una condanna all’ergastolo senza possibilità di condizionale. Il 15 luglio 2000, infatti, la giudice Victoria Platzer aveva emesso la sentenza: «Signor Forti, la giuria l’ha ritenuta colpevole di omicidio di primo grado con arma da fuoco. La dichiaro pertanto colpevole di questa accusa. E la condanno alla prigione a vita». Lo Stato aveva convinto la giuria che Chico fosse responsabile dell’omicidio di Dale Pike, ucciso il 15 febbraio 1998 a Miami e ritrovato nudo, su una spiaggia, il giorno seguente. Il movente, argomentato dall’accusa in un processo durato 28 giorni, andava ricercato in «avidità, determinazione e totale sfacciataggine».

 

 

Nell’arringa, il pubblico ministero Gail Levine, sostenne che «l’imputato pensava di concludere un buon affare. Pensava di aver truffato con successo il padre di Dale Pike su un hotel del valore di milioni di dollari. Ma Dale Pike non avrebbe permesso che l’affare fosse portato a termine. Dale Pike era l’unico ostacolo per l’imputato, e l’unico modo per liberarsi di quell'ostacolo era ucciderlo». Davanti alla Corte di Miami Dade furono portati migliaia di reperti come prove e sfilarono 53 testimoni, la maggior parte convocati dallo Stato contro l’imputato. Nonostante la totale mancanza di elementi scientifici in grado di inchiodare Forti, il verdetto fu di colpevolezza. Contro l’italiano aveva pesato il fatto di aver mentito alla polizia: disse ai detective di non aver incontrato Dale quando era andato a prenderlo all’aeroporto. Eppure il produttore tv era stato l’ultimo a vederlo vivo e, per la giuria, era stato lui a portarlo al macello, come un agnello sacrificale. Fu infine rinchiuso in prigione, ma non smise mai di proclamarsi innocente, criticando un processo che, secondo molti, non avrebbe dimostrato la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio. Quando tutti gli appelli furono respinti, a Chico non restò altra alternativa se non accettare la condanna e dichiararsi colpevole. Era l’unico modo per accedere ai benefici della Convenzione di Strasburgo, che consente a un detenuto in via definitiva di poter scontare il resto della condanna nelle patrie galere. Gli Usa alzarono un muro di fronte a un caso controverso sia per la pubblicità negativa che l’onda innocentista ha creato al sistema della giustizia americana, ma soprattutto perché l’America, finora, non avevano mai concesso la Convenzione a detenuti con l’ergastolo senza possibilità di condizionale.

 

 

E in un Paese dove ogni sentenza diventa un precedente, la concessione del trasferimento in patria a Chico avrebbe potuto aprire la porta a una marea di ricorsi. Senza contare la disastrosa gestione del caso di Silvia Baraldini, l’icona di quella sinistra da salotto acclamata perfino in una canzone di Francesco Guccini. Dopo 16 anni in un carcere statunitense per associazione sovversiva, la terrorista rossa ottenne di scontare il resto della pena in Italia e rientrò con un volo di Stato a Ciampino il 24 agosto 1999, dove fu accolta con un cerimoniale per acclamazione. E dopo due anni, in barba alle rassicurazioni fornite agli Usa, il nostro Paese non mantenne la parola, scarcerando anticipatamente la compagna. Troppe incognite, che in questi anni hanno spinto gli americani a dire sempre no su Forti. Il primo tra i ministri degli Esteri a tentare di ottenere il trasferimento fu Giulio Terzi di Sant’Agata, durante il governo Monti. Poi fu la volta di Emma Bonino, la quale avviò una mediazione ma fallì. Il 23 dicembre 2020 un colpo di scena, che si rivelò l’ennesimo flop grillino. L’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio annunciò che Chico stava per tornare a casa, perché il governatore della Florida Ron DeSantis aveva accolto l'istanza.
Peccato però che quella firma fosse solo il primo degli scogli da superare.

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