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Suviana, lo stress test e le cause della strage. “Fino al punto limite”, la ricostruzione

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Gabriele Imperiale
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Continuano ad emergere particolari della strage di Suviana. Giorni dopo l’incidente nella centrale idroelettrica Enel Grenn Power di Bargi, si tenta di ricostruire le cause dell’esplosione che ha causato la morte di 7 lavoratori. Il dato certo è che il giorno dell’incidente i tecnici erano al lavoro per condurre uno stress test dell’alternatore che poi è esploso. Una prova del macchinario al massimo della sua potenza per verificare che tutto funzionasse alla perfezione. L’obiettivo era quello di arrivare ai limiti della sua capacità di esercizio per metterlo, appunto, sotto stress. Ma qualcosa non è andata come avrebbe dovuto e le conseguenze sono state catastrofiche. A ricostruire le ultime novità sulla strage, Giusi Fasano sul Corriere della Sera. “Erano le 14.30. Nella centrale idroelettrica Enel Green Power di Bargi. Erano in quindici – scrive la giornalista –. Gente molto qualificata per eseguire lavori di ammodernamento tecnologico che erano cominciati nel 2022 e che erano arrivati alla fase finale”. 

 

 

Ricostruzioni, ancora da verificare, raccontano che durante quella tragica mattina fossero stati eseguiti i controlli sul sistema meccanico – vibrazioni, rumori, temperatura dei cuscinetti – e anche quelle sul sistema elettrico – i test sui cortocircuiti e sulle tensioni. Il piano prevedeva poi il collegamento alla rete elettrica nel pomeriggio e per farlo, era necessaria l’apertura di una sorta di rubinetto per far entrare l’acqua in quantità sempre più grandi: “Più acqua entra più cresce l’energia immessa nel gruppo di produzione e quindi quella immessa nella rete – scrive la giornalista –. Fino al punto limite”. I lavoratori – come Paolo Casiraghi e Adriano Scandellari, entrambi morti nell’incidente – erano degli esperti della materia e maestri nelle prove di stabilità e di sicurezza dei macchinari alla potenza massima. Entrambi lavoravano fra il piano -8 e -9, poco lontani dal computer della scatola nera che la Procura ha sequestrato tre giorni dopo l’esplosione. E proprio il computer sarà fondamentale per ricostruire cosa non ha funzionato. 

 

 

Ricostruzione però che richiederà tempo, data la mole di dati che il pc ha al suo interno. Fondamentale sarà anche il ricordo dei superstiti: otto in totale. Quattro sono ancora ricoverati in condizioni gravi o gravissime per via delle ustioni, un quinto è stato ricoverato e subito dimesso; gli ultimi tre sono fisicamente indenni. In questi giorni chi era in grado di farlo, è stato già sentito dai carabinieri una prima volta. Ma dovranno essere riascoltati perché “come dicono gli psicologi che sono in contatto con tutti loro, ‘ci vuole tempo per metabolizzare’, per far riemergere ricordi che il caos e il dolore della prima ora hanno tenuto finora in disparte in qualche angolo della mente”. Ad oggi, spiega la giornalista, l’urgenza più pressante è “svuotare dall’acqua i piani -8, 9 e 10 della centrale”. Finora inefficaci sarebbero le idrovore utilizzate dato che – chiosa Fasano - “l’acqua continua a entrare, pare dalle condutture danneggiate dall’esplosione”. Una situazione che fa dire agli inquirenti “finché non svuotiamo siamo in emergenza”.

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