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Dossieraggio, il pg di Perugia vuole punire Cantone. “Anomalie”, guerra tra magistrati

Gabriele Imperiale
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È scontro aperto tra i magistrati. Il caso dossier continua a lasciare i suoi strascichi nel potere giudiziario e stavolta nel ciclone finisce Raffaele Cantone. Secondo quanto ricostruito da Luca Fazzo sulle pagine de Il Giornale, Sergio Sottani – procuratore generale di Perugia – avrebbe preannunciato provvedimenti sull’ex presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Il motivo? La gestione della vicenda da parte del suo pm. Il pg, infatti, ha deciso di “segnalare agli organi deputati al controllo quelle che potrebbero apparire eventuali anomalie comportamentali nell’esercizio della funzione giurisdizionale”. Ma a cosa si sta riferendo? Sottani non approverebbe la gestione pubblica della vicenda. In primis la richiesta – subito esaudita – di essere sentito in commissione Antimafia insieme al capo della Direzione nazionale antimafia, Giovanni Melillo. Un’audizione definita da Sottani “inusuale”. 

 

 

Sempre secondo quanto ricostruito su Il Giornale, le dichiarazioni di Cantone poi potrebbero avere violato “il rispetto della presunzione di innocenza”. Sottani nel suo gelido comunicato dice di più. Il procuratore di Perugia ha infatti richiamato un altro scomodo – per la magistratura – precedente. Il caso Palamara e le notizie prelevate dai pc della procura per mano di un cancelliere, Raffaele Guadagno, e arrivate a giornalisti amici.  Dall’inchiesta sono emerse conversazioni – pubblicate dal quotidiano La Verità – tra togati non proprio edificanti, soprattutto per Sottani. Ne sono un esempio quelle del pm Gemma Miliani che parlando proprio con Guadagno, insultava il suo futuro procuratore generale: lo definiva “malvagio” e diceva testualmente “non mi è mai piaciuto e ora meno che mai”.  Di tutto questo e delle altre intercettazioni sui rapporti “occulti” tra i magistrati della procura del capoluogo umbro e stampa, il procuratore generale non è mai stato messo al corrente e questo lo avrebbe posto, ha spiegato, nell’impossibilità di compiere il suo dovere in materia di vigilanza e nel dare impulso all’azione disciplinare. 

 

 

Ritorno al passato a parte, però, come spiega Fazzo sul suo quotidiano il cuore della questione per Sottani è la vicenda dossier e la gestione di Cantone: “In sostanza accusa Cantone di avere reso pubblico almeno in parte il contenuto di indagini ancora in corso e segrete, e di avere anticipato giudizi”.  Avrebbe quindi sbagliato Cantone ad affermare pubblicamente che “Striano non ha agito da solo”, o a rendere noto il numero dei file scaricati e delle segnalazioni spiate e usare parole fortemente indiziarie come “verminaio”, “mostruoso”, “inquietante” per descrivere la vicenda. Ma il fine di Sottani sarebbe nobile: “Cantone ha il merito indiscutibile di avere scoperchiato un sistema criminale – spiega il giornalista –. Ma proprio perché si toccano tasti esplosivi, sembra dire Sottani, bisogna che chi indaga sia inattaccabile”.

 

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