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Pensioni, il rapporto Inps: media a 1.140 euro. Per le donne assegno più basso

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Gianluca Zapponini
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La sensazione è quella che a qualcuno piaccia sparare sulla Croce Rossa. Si può chiedere di tagliare la spesa per le pensioni in un Paese in cui l’assegno medio è di poco superiore ai 1.100 euro? Se il metro di misura è quello dell’Ocse, sì. Pochi giorni fa, nel suo rapporto dedicato all’Italia, gli economisti dell’organizzazione parigina hanno messo nero su bianco alcune raccomandazioni per lo Stivale. Tra queste, alcune hanno riguardato proprio la previdenza. La sintesi è questa: l’Italia spende ormai il 16,5% del Pil per le pensioni, tra vecchiaia e reversibilità e da qui al 2040 l’esborso è destinato ad aumentare. Calcoli dell’Inps alla mano, nel 2022 il costo degli assegni in Italia è arrivato a 322 miliardi, con un incremento di poco inferiore al 3% rispetto al 2021.

Naturale per un Paese che invecchia e non fa più figli, dunque versa meno contributi di quanto spenda per chi lascia il lavoro. Ed è proprio questo il punto. A Parigi, con ogni probabilità, sbagliano angolatura, chiedendo sacrifici a chi con ogni probabilità con la pensione maturata dal 21 del mese non riesce nemmeno a entrare al supermercato. Di più. Nel medesimo rapporto, l’Ocse chiede lo stop alla flessibilità in uscita, le varie Quote 100, 102, 103 e così via, in favore di una piena attuazione della legge Fornero. Peccato che proprio ieri da via Ciro il grande siano arrivati dei numeri che forse dovrebbero indurre la medesima organizzazione transalpina a ripensare le sue posizioni. Le pensioni liquidate dall’Inps con decorrenza nel 2023 sono state 764.907 in totale, per un importo medio di 1.140 euro.

Possibile, dunque, pensare di fare cassa per sanare le finanze pubbliche su assegni di tale portata? Difficile dare ragione all’Ocse. Tali valori, ha precisato l’Inps, si riferiscono alle pensioni di vecchiaia, agli assegni sociali, alle pensioni anticipate, a quelle di invalidità e a quelle ai superstiti delle gestioni considerate. Anche perché ci sono due elementi di cui tenere conto. Primo, c’è ancora una netta disparità di genere sulle pensioni, con un assegno medio di 1.366 euro per gli uomini e di 950 per le donne. Mettere le mani, come vorrebbe l’Ocse, su un simile squilibrio sembrerebbe una cattiveria gratuita. Secondo, la flessibilità in uscita è di per sé già in difficoltà, almeno su sponda rosa. Sempre secondo l’Istituto guidato da Gabriele Fava, tra le dinamiche che emergono dai dati c’è, con la stretta sui requisiti per l'accesso alla pensione con Opzione donna, il crollo del ricorso allo strumento: nel 2023, sono state solo 11.255 le pensioni liquidate con la misura che prevede il collocamento a riposo in anticipo rispetto alla vecchiaia per le donne con il ricalcolo dei contributi interamente contributivo. Nel 2022 le nuove pensioni erogate con Opzione donna erano state 24.644. Forse, almeno su questo punto, l’Ocse può stare tranquillo. 

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