Servizio pubblico

Rai, il PD piange e l'Ue scopre l'"ingerenza politica"

Christian Campigli

Dillo alla mamma, dillo all'avvocato. La politica del Partito Democratico, in crisi di leadership e di idee, sembra ricalcare alla perfezione uno dei più insistenti e snervanti tormentoni della rete, in questa infuocata estate 2023. Dopo aver occupato per anni la Rai, con proposte editoriali spesso agli antipodi con le richieste dei cittadini (che, è bene ricordarlo, mantengono l'azienda di Stato con i soldi del canone pagato con la bolletta della luce), ora i dem piangono per le ovvie conseguenze dei risultati elettorali dello scorso settembre.

 

 

La sinistra, dopo aver inscenato proteste tra il grottesco e il ridicolo per i "casi" Fazio, Annunziata e Saviano, ora corrono a chiedere aiuto all'Unione Europea. Da Bruxelles viene lanciato un messaggio, a metà strada tra un monito e un avvertimento al governo dei conservatori. Perché si impegni a proporre una riforma della Rai che garantisca una piena e vera indipendenza del servizio pubblico televisivo. Il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton usa parole nette e perentorie. "La Commissione è consapevole dei rischi di ingerenza politica che incidono sull'indipendenza dei media di servizio pubblico in Italia".

 

 

Un'ingerenza che, evidentemente, quando governava il PD l'Unione Europea, casualmente, non percepiva. Sempre casualmente, questo messaggio giunge pochi giorni dopo che dieci esponenti italiani del gruppo dei socialisti si sono lamentati per l'intera gestione della Rai sotto il centrodestra. Frignando per le dimissioni (non il licenziamento) rassegnate lo scorso maggio scorso da Carlo Fuortes. E gridando allo scandalo per gli addi dei paladini della libertà d'informazione, Fazio, Annunziata, Berlinguer e Gramellini. Una coincidenza, sia chiaro.