la sentenza

Il clan dei Senese è mafioso. 120 anni a 16 imputati, stangata al boss della camorra Michele "O'Pazz"

Valeria Di Corrado

È stata riconosciuta l’aggravante dell’agevolazione al clan mafioso di stampo camorristico capeggiato da Michele Senese e sono stati inflitti 120 anni di carcere a 16 imputati accusati a vario titolo di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti. Questa la sentenza pronunciata ieri dai giudici della sesta sezione dibattimentale penale del tribunale di Roma nel processo nato dalla maxi operazione «Affari di Famiglia». Già il giudice delle indagini preliminari, che il 7 luglio 2020 aveva emesso l’ordinanza di arresto nei confronti di 28 persone, aveva spiegato che «la famiglia dei Senese costituisce un clan ben organizzato: una vera e propria società del crimine illecito che ha il suo quartier generale a Roma, sebbene poi ricorra a investimenti finanziari ed economici articolati in diverse parti del territorio nazionale, da Napoli a Milano, facendo tappa anche in Svizzera». Abbigliamento, ristorazione e caseario: questi i settori in cui il clan ripuliva i suoi soldi, frutto di estorsioni, usura e traffico di droga.

 

 

Un giro di affari da milioni di euro ricostruito dalla Squadra mobile di Roma e dal nucleo di polizia valutaria della Finanza, sotto il coordinamento del sostituto procuratore Francesco Minisci. Il capo clan Michele Senese, detto «O’ Pazz», è stato condannato a 15 anni di carcere, mentre il figlio del boss, Vincenzo, a 16 anni e mezzo. Condannati a 7 anni la moglie del boss, Raffaella Gaglione, e il fratello Angelo Senese a 7 anni. Durante le udienze del dibattimento sono stati ricostruiti i flussi finanziari e sentiti diversi collaboratori giustizia che hanno svelato le attività del clan. Il boss «pentito» Antonio Leonardi, in particolare, ha tracciato il ruolo di Michele Senese nelle dinamiche criminali della Capitale, evidenziando come beneficiasse del legame con la famiglia Moccia di Afragola: «Michele Senese aveva alle spalle una famiglia "blasonata" della camorra napoletana e questo fatto era notissimo e importante a Roma, dove Senese era molto rispettato per questo dai napoletani e dalle famiglie calabresi e siciliane».

 

 

«Cioè, qui stiamo parlando de... che è il capo di Roma! - diceva l'imprenditore Alessandro Presutti (condannato a 5 anni) in un'intercettazione del 18 marzo 2014 - Il capo... il boss della camorra romana! Comanda! Comanda tutto lui!». E continuava a farlo anche dal carcere di Catanzaro, dov’è ancora recluso. In almeno due occasioni, infatti, durante i colloqui si è scambiato con il figlio le scarpe, contenenti probabilmente dei pizzini con le sue «direttive». Nel frattempo il fratello Angelo è riuscito a fare investimenti illeciti per oltre 230mila euro nella nota catena di ristoranti «Da Baffo», le cui società sono state confiscate ieri dal Tribunale.