attacco dei sindacati

Scuola, l'allarme di presidi e professori: "Non ci sono spazi per tornare tutti in classe"

Valentina Conti

La scuola riapre quasi tutta lunedì 26. Rientro in presenza al 100% in zona gialla e arancione per circa 7 milioni di studenti. In zona rossa, invece, le lezioni si svolgeranno in classe fino alla terza media, mentre alle superiori l'attività si svolgerà almeno al 50% in presenza. Ritorno sui banchi per la maggior parte degli studenti, insomma, ma non si è per nulla pronti. A pesare è specialmente l'intoppo organizzativo nel rispetto dei protocolli di sicurezza. Un problema contingente di spazi da gestire e legato alle conseguenze delle regole più stringenti in una fase in cui le varianti del virus hanno preso piede. Ma la lista delle criticità è ancora lunga. Dal nodo trasporti a quello con nesso ai monitoraggi e ai tamponi periodici fino alle forniture di materiali anti-Covid (ad iniziare dalle mascherine Ffp2), arrivando alla ripresa della somministrazione delle prime dosi dei vaccini al personale scolastico.

 

A frenare sono sindacati e Associazione Nazionale Presidi. «La decisione di tornare a lavorare in presenza, a partire dal 26 aprile, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, pur essendo un obiettivo condiviso, è stata assunta - come comunicato dal Presidente del Consiglio Draghi nella sua conferenza stampa di ieri l'altro - basandosi su un calcolo di "rischio ragionato" che non basta a dare tranquillità e garanzie al personale e agli alunni, le cui condizioni relativamente al distanziamento sono rimaste immutate, nonostante le varianti del virus», spiegano in una nota congiunta Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda. Chiedono anzitutto all'esecutivo «di aggiornare i protocolli di sicurezza, peraltro mai puntualmente applicati, che sono fermi all'estate del 2020», accanto all'attivazione di un'efficace azione di tracciamento. Inoltre, il potenziamento dei trasporti e, soprattutto, «occorre consentire che le scuole, supportate dagli uffici scolastici regionali, e non più costrette a seguire le discutibili decisioni delle Regioni fin qui dimostratesi ampiamente non all'altezza - affermano le rappresentanze sindacali - possano auto-organizzarsi sugli orari di ingresso e di uscita, la durata delle lezioni e quant'altro occorra per garantire il lavoro e le lezioni in sicurezza». «C'è bisogno che nelle scuole vengano impiantati sistemi di purificazione dell'aria, che si individui il modo di distribuire le mascherine Ffp2, e senza dubbio c'è il discorso trasporti da affrontare», rimarca la segretaria di Cisl scuola, Maddalena Gissi.

 

 

 

Critico pure Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione Nazionale Presidi (ANP), che lancia l'allarme: «Cosa è cambiato? C'è un rischio», dice. Considera «molto positivo il rientro in classe nelle zone gialle e arancioni per tutti gli studenti», il numero uno di ANP, ma domanda «cosa sia stato fatto in termini di sicurezza». «I problemi - sottolinea in un'intervista a La Stampa - non sono stati risolti, come ad esempio quelli dei trasporti pubblici. A me non risulta che sia stato fatto molto né sui trasporti né sui tamponi». Poi l'affondo: «Le scuole si aprono con il timore che si creino di nuovo le condizioni per una chiusura, si rischia un'apertura effimera». «Si riapre col rischio calcolato? E' stato calcolato male»; rincara la dose sulla scelta del governo di riaprire il 26 il professor Massimo Galli, direttore di Infettivologia dell'ospedale Sacco di Milano. E anche tra gli studenti serpeggiano le esitazioni, nonostante la voglia di rivedersi con tutte le precauzioni da mettere in conto.