poltronificio elettorale

L'indagato dem Antonio Rosati in pole per Eur Spa

Susanna Novelli

La politica, si sa, è l’arte del possibile, ovvero quella virtù che trasforma l’impossibile in reale. E così, se confermate le indiscrezioni sulle nuove nomine ai vertici di Eur spa, previste in seno all’Assemblea dei soci di lunedì prossimo, si potrà dire che si alza un sipario assai inquietante sull’imminente campagna elettorale per il Campidoglio. Copiando il vecchio, e assai consolidato, manuale Cencelli, Alberto Sasso, vicino ai Cinque Stelle dovrebbe essere riconfermato alla presidenza, mentre in pole per la carica di amministratore delegato ci sarebbe Antonio Rosati. Fedelissimo di Zingaretti, già assessore ai tempi in cui il segretario Dem era Presidente della Provincia di Roma e ppi alla guida dell’Arsial, l’agenzia regionale per lo sviluppo dell’agricoltura. Si torna insomma alla Prima Repubblica quando proprio le poltrone sancivano accordi e alleanze pre e post elettorali. Peccato però che la Prima Repubblica sia finita da un pezzo, che il neo amministratore delegato in pectore, Rosati, sia indagato, al pari di Zingaretti e del sindaco Raggi per l’«affaire» del Palazzo della Provincia di Parnasi che, secondo la Corte dei conti avrebbe procurato un danno erariale di almeno 90 milioni di euro. Ecco, che fine ha fatto la rigorosa moralità grillina? Che fine ha fatto quel nuovo percorso promesso dal Pd sulle ceneri di «Mafia Capitale»? E ancora, dove sono le opposizioni? A parti inverse, e la cronaca insegna, le sinistre e i Cinquestelle avrebbero già chiesto a gran voce le dimissioni dell’indagato. Qui invece si pensa ad occupare una delle poltrone più importanti, quella di Eur Spa, ente partecipato al 90 per cento dal ministero delle Finanze, nel silenzio assordante di una politica ancora arroccata su se stessa, come se negli ultimi cinque anni non fosse accaduto nulla. Complice anche il decennale torpore di un centrodestra incapace di un’opposizione incisiva e decisiva. 

 

 

 

L’unico a commentare gli inviti a dedurre per il Palazzo della Provincia è stato infatti il senatore e commissario romano di Forza Italia, Maurizio Gasparri: «Come si giustifica ora il Pd e il M5S di fronte al popolo romano che chiede le ragioni di un tale scempio?.. Oggi, il presidente della Regione e la sindaca dovrebbero lasciare la scena politica, chiedere scusa a una città che in buona fede ha dato loro fiducia e rassegnare immediatamente le dimissioni. Roma ha bisogno di una ripartenza e di essere governata da mani in grado di costruire un futuro più rassicurante. Zingaretti e la Raggi hanno solo costruito il fallimento e la Corte dei Conti lo ha ratificato». Una voce sola contro un’alleanza Pd-M5S che, dopo le parole di Grillo sulla Raggi - e dunque l’addio alla corsa al secondo mandato per il sindaco uscente - si fa sempre più concreta e che rischia di travolgere un centrodestra ad oggi dato in vantaggio nelle prossime elezioni comunali. La partita insomma è già cominciata e spesso chi gioca d’anticipo ottiene un vantaggio difficilmente recuperabile.