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Giachetti 2: il paracadute non c'è (ma neanche il coraggio)

Renzi

Carlantonio Solimene
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Caro Roberto Giachetti, lo confesso: ho sempre avuto un debole per te. Politicamente parlando, si intende. Ho sempre apprezzato la tua schiettezza, la tua coerenza, le tue battaglie. Penso a quello che tutti sanno - gli scioperi della fame per la legge elettorale - e a quello che fai lontano dai riflettori, come tutti le notti di Capodanno passate a Rebibbia con i carcerati anziché con i tuoi cari. E' per questo motivo che ieri, dopo aver letto la tua lettera aperta a Matteo Renzi in cui annunciavi la rinuncia al "paracadute" del proporzionale per correre solo nell'uninominale, peraltro in un collegio a forte rischio per il Partito Democratico come tutti quelli di Roma, ho sentito l'esigenza di scrivere un blogpost per tributarti quello che ritenevo essere il giusto omaggio. Mi hanno fatto sorridere, poi, le critiche di chi ti ha accusato di rinunciare al Parlamento "perché tanto ha già la poltrona di consigliere comunale". Persino chi considera la politica solo come uno stipendio - e non è il tuo caso, anzi - dovrebbe conoscere la differenza abissale tra gli emolumenti percepiti da un parlamentare e quelli riservati a un consigliere comunale. Inoltre, pur non guadagnando alcunché per il tuo ruolo in Aula Giulio Cesare (la legge vieta i cumuli di stipendi da incarichi pubblici), sei sempre uno dei consiglieri più assidui. Hai interpretato il tuo doppio incarico, cioè, non certo come doppio stipendio, ma come doppio lavoro. Poi mi sveglio stamattina e scopro che dalla lunga notte dei coltelli del Pd - con la stesura delle liste terminata solo alle 4 del mattino e la minoranza che polemicamente non ha partecipato al voto - tu sei uscito sì senza paracadute, ma candidato nel collegio di Sesto Fiorentino. Che, permettimi, è cosa assai ben diversa dalla candidatura a Roma. E', insomma, uno dei pochissimi collegi dove il Partito Democratico è (abbastanza) sicuro di spuntarla. Chiariamoci, Roberto: quando ho letto il tuo post di ieri, oltre all'apprezzamento per la tua scelta, ho avvertito un altro sentimento. Il dispiacere perché con ogni probabilità il Parlamento italiano, al di là di come ognuno di non la pensi, avrebbe perso uno dei suoi membri più validi. Allo stesso modo, oggi mi sento rinfrancato dal pensiero che nella prossima legislatura - lunga o corta che sia - tra i banchi ci sarà ancora un Giachetti. E però... però al di là della coerenza che resta per la scelta di correre solo nell'uninominale, farlo in un collegio blindato, lontano dalla tua città, nella quale hai corso persino come sindaco e che (parole tue) "è il territorio dove vivo da 50 anni", rende un po' meno veritiera la seconda parte della tua lettera a Renzi, quella in cui spiegavi che Marco (Pannella) ti ha insegnato che "è nei momenti difficili che bisogna crederci, anche rischiando", e concludevi dicendo che "io ci credo, io amo la politica. È la mia vita. E so che questo amore e questa passione possono fare la differenza. So che faranno la differenza. Se vogliamo cambiare le cose dobbiamo metterci in gioco, dobbiamo osare, dobbiamo crederci". In un altro punto della lettera confessavi a Renzi di non avergli detto nulla fino alla fine sapendo che la carne è debole e c'era il rischio che riuscissero a farti desistere dalle tue convinzioni. Alla fine, parzialmente, è stato così. Ecco, a costo di perderti da parlamentare, io avrei preferito che la carne fosse stata un po' più forte. Con immutata stima, Carlantonio

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