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Centodieci palazzi okkupati e 100mila in emergenza abitativa

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Il problema è se chi vive in questi immobili reclamerà il diritto all'appartamento

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Chi entrerà nelle prime mille case vere? Ufficialmente chi viveva nei residence dei Caat (l'assistenza alloggiativa temporanea) che saranno chiusi. Ma la domanda è lecita, perché ne anticipa un'altra: i furbetti delle okkupazioni riusciranno a passare anche stavolta davanti a chi una casa l'aspetta da una vita ma non ha ceduto alla tentazione di occuparla neanche se marcisce in uno di quei residence che fanno schifo e costano un botto, anche, lo ha detto ieri il sindaco di Roma Ignazio Marino: «4mila euro al mese per 50 metri quadri»? È questa la grande domanda, o meglio la grande paura, che hanno i disperati che una casa non l'hanno ancora avuta: che le okkupazioni, "residence di fatto", aprano la porta alle prime mille case che arriveranno a gennaio. E in una città come Roma con il più alto tasso di disperati, 100 mila strangolati dall'emergenza abitativa e il più alto numero di palazzi okkupati - ben 110 con 6mila persone, ma è la punta dell'iceberg, perché nessuno li ha mai censiti - la domanda ci sta. Né finora hanno arginato il fenomeno le 60 inchieste giudiziarie. Dal caso dell'Angelo Mai agli edifici ex Ater assaltati. Alcuni sono bloccati da 35 anni. La sfiducia è alle stelle. «Lo sanno tutti che i palazzi occupati sono l'altro volto dell'assistenza alloggiativa. E in più fanno concorrenza sleale perché fuori dalle regole» dice il presidente dell'associazione commercianti di Torre Angela, Mario Loriga, 48 anni, che è anche consigliere del Comitato di quartiere di una delle periferie romane, questa è in VI Municipio (l'ex VIII), che scottano. «Noi di residence ufficiali ne abbiamo due, a via Rocco Pozzi e a via Giuseppe Toraldo - continua a spiegare Loriga -. Il primo lo stanno svuotando, e temiamo che è lì che possano inviare i 180 immigrati, ma ci hanno detto genericamente che sono studenti (così non possiamo neanche manifestare), che sarebbero dovuti arrivare alle torri il 5 agosto. Finiranno nel residence che svuotano? - si chiede - e poi magari passeranno da lì anche loro in una casa vera visto che i residence saranno chiusi». La paura che gli immigrati passino davanti agli italiani è confermata anche dalle ultime recenti occupazioni. Come hanno raccontato, nel box qui sotto, alcuni romani che abitano nelle case popolari di San Giorgio ad Acilia. «La madre italiana con quattro figli, incinta del quinto, che aveva occupato in precedenza lo stesso appartamento è stata portata via in manette. Invece la coppia straniera che domenica scorsa lo rioccupato la stessa casa insieme con due figli è ancora dentro». Solo mille case per gli ex dei residence. E 13mila nuclei familiari in attesa di una casa popolare, alloggi assegnati ad una media di 250 l'anno (350 a fine 2014), sugli oltre 80mila presenti a Roma (50mila gestiti da Ater). Gli uffici del Dipartimento Politiche Abitative, prima di essere sconvolti dall'inchiesta Mafia Capitale, stavano finendo di esaminare le prime 9000 richieste giunte fino al giugno 2013, alle quali si aggiungeranno le circa 600 famiglie fuori dal bando precedente, che risaliva al 2000. Per ogni 200 richieste mensili il Comune riesce ad assegnare appena 30 case.

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