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Salvo il capro espiatorio di Ama Senegal

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Oltre 16 milioni buttati. La Corte dei conti «assolve» l'unico «responsabile»

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Unico licenziato da Ama, unico «assolto» dalla Corte dei Conti, che ha archiviato la posizione dell'ex dipendente Fabio Fumelli escludendo quindi ogni responsabilità per i fatti di Ama-Senegal, un'avventura-fallimento costata a Roma più di 16 milioni di euro e a Dakar un'emergenza rifiuti senza precedenti degenerata in un'epidemia di colera. L'ex dirigente, oggi come allora, la descriverebbe così: «Ama-Senegal sotto la giunta Veltroni ha solamente prodotto un danno erariale che dovranno pagare i cittadini, 23mila casi di colera accertati e un centinaio di morti, 1.600 lavoratori senegalesi licenziati in tronco, più 1». Lui, appunto, prima ridimensionato e poi fatto fuori definitivamente dall'azienda «perché già dall'Africa ho cominciato a denunciare tutto, per esempio il fatto che i nuovi compattatori appena acquistati erano in realtà vecchi e senza motore!». Una storia che puzza dalla testa, quella di Ama-Senegal, cominciata nel 2001 quando il consiglio comunale guidato da Veltroni autorizza la commessa per il servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti urbani a Dakar proposta alla municipalizzata da una società svizzera nonostante le forti obiezioni «sulla convenienza dell'affare - annota la Corte dei Conti - in ragione delle clausole contrattuali e delle difficoltà legate al contesto in un paese ad alto rischio». L'epilogo nel 2006 lo scrive l'allora presidente della Repubblica senegalese, annunciando «la rescissione del contratto con Ama» a causa degli evidenti problemi gestionali che, già da tempo ormai, avevano ridotto la Regione ad una cloaca. Una figuraccia che nasconde anche numeri drammatici: «Il mix acqua-rifiuti - scriveva all'azienda Fumelli - sta provocando epidemie di malaria e colera, cause di mortalità tra la popolazione locale. L'acquisto di mezzi sprovvisti di forche alza-cassonetti e la mancata realizzazione di un'autorimessa con officina per riparare quei pochi rimasti ha fatto sì che ogni giorno restino in strada fino a tremila tonnellate di rifiuti, mentre il servizio di raccolta e spazzamento versa in condizioni al limite delle più elementari norme igienico-sanitarie, aggravato dalle eccezionali piogge che hanno investito il Paese». Rimosso dal ruolo di direttore tecnico, Fumelli viene incaricato di seguire i lavori di realizzazione della discarica, ma in quei giorni il caso Senegal finisce sui giornali: «Il 16 gennaio 2006 i tg italiani mandano in onda le immagini dello scandalo in seguito al sopralluogo di alcuni parlamentari e il 17, un giorno dopo, mi arriva la lettera di risoluzione del rapporto di lavoro». Anche Fumelli, in un primo tempo, viene invitato a dedurre dalla Procura regionale della Corte dei Conti, che ipotizzava «l'omesso controllo sull'andamento della commessa». Col successivo chiarimento, comunque, la posizione è stata archiviata a differenza di quanto avvenuto per gli altri soggetti coinvolti, chiamati a risarcire il danno erariale certificato in 16 milioni di euro tra ricapitalizzazione della municipalizzata e investimenti fallimentari: Alvaro Moretti (presidente di Ama Senegal e direttore generale di Ama International), Giovanni Fiscon (ex direttore generale di Ama arrestato nel quadro dell'inchiesta Mafia Capitale), Domenico Tudini, all'epoca ad di Ama e Demetrio De Stefano, al timone della Asp di Ciampino. Alla fine, in realtà, neanche loro pagheranno un euro, avendo le sezioni unite civili della Corte di Cassazione negato - a dicembre - la giurisdizione alla Corte dei conti in accoglimento di uno dei ricorsi presentati dagli ex amministratori. La giunta Marino, poche settimane fa, ha comunque deciso di non lasciare perdere deliberando «di rivolgerci al giudice ordinario per chiedere che gli allora amministratori risarciscano i presunti danni». Chi ha già pagato, invece, si è messo l'anima in pace: «Dopo aver promosso un'azione legale davanti al giudice del lavoro - conclude Fumelli - sono fuori definitivamente da Ama».

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