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Paradiso (fiscale) e paradossi di S. Marino

Nascosti redditi al fisco per 850 milioni e Iva non pagata per oltre 150 In sei anni movimentati 33 miliardi di euro tra l'Italia e la Repubblica

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Ben 33 miliardi di euro movimentati in sei anni fra l'Italia e San Marino; redditi nascosti al fisco per 850 milioni; più di 153 i milioni di iva evasi. Numeri equivalenti a un paio di nostre manovre finanziarie. Fa impallidire quanto scoperto dalla Guardia di Finanza che ha investigato sull'arco di tempo che va dal 2009-2014. Il Nucleo di polizia tributaria di Forlì in materia di riciclaggio ed evasione fiscale, coordinata dalla procura della città romagnola, ha individuato 58.841 soggetti che hanno trasferito il loro denaro dal nostro Paese alla Repubblica del Titano o lo hanno fatto transitare nel percorso inverso. Quasi 27mila delle persone monitorate sono italiane, mentre le altre 31.888 risiedono a San Marino o comunque all'estero. Ma le cifre, pur astronomiche, sono emerse vagliando la posizioni di «solo» 1.050 dei 58mila. Ciò significa che gli accertamenti delle Fiamme gialle sono solo all'inizio e riguarderanno molti dei soggetti che hanno spostato i loro soldi tra Italia e San Marino. Che la Repubblica del Titano sia stata un porto sicuro per la moneta sonante, priva di leggi adeguate e più che ospitale verso chi volesse mettere al sicuro il patrimonio «liquido», non è una novità. Difficile sorprendersi, infatti, se poco tempo fa, ad esempio, la Guardia di Finanza di Frosinone ha scoperto una frode fiscale per 42 milioni di euro, consumata tra il 2006 e il 2013, e che 36 siano finiti proprio nelle banche di San Marino. Oppure che, grazie alle indagini della Guardia di Finanza di Cervia (Ravenna), è emerso che due persone avevano compiuto reati fiscali di omessa dichiarazione ed emissione di false fatturazioni, riuscendo a creare fondi neri per oltre 31 milioni di euro, trasferiti, anche stavolta, nella terra della assoluta «libertà fiscale». Eppure negli ultimi tempi qualcosa sembra essere cambiato in quel luogo che rendeva sicuro depositare i proventi di evasione e frode fiscale. Nel 2013, infatti, su pressione del Fondo monetario internazionale, San Marino ha introdotto, attraverso una riforma tributaria, criteri di controllo molto più rigidi e trasparenti riguardo l'evasione fiscale, la dichiarazione fraudolenta e l'omessa dichiarazione. La piccola Repubblica, infatti, oltre a chiudere non uno ma due occhi rispetto a ciò che accadeva nelle sue banche, evitava di perseguire i reati relativa alla materia fiscale. Una faticcacia raggiungere questo risultato, allontanato anno dopo anno, fino al pressing, non più scavalcabile, del Fmi. Da quel momento, allo scopo di far venire a galla i redditi prodotti fuori territorio, è stato previsto che «tutti i redditi ovunque prodotti da persone giuridiche e fisiche residenti sono soggetti» all'imposta generale sul reddito della Repubblica. Le autorità sammarinesi, contemporaneamente, hanno introdotto figure ad hoc per le verifiche, prevedendo anche sanzioni penali nei casi in cui di gravità elevata. Sempre nel 2013, inoltre, è stato compiuto un altro passo nella stessa direzione. È accaduto quando San Marino e l'Italia hanno ratificato la convenzione contro le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali. In questo caso è stato previsto anche il monitoraggio da parte delle autorità italiane del traffico di capitali fra il nostro Paese e il Titano, insieme al controllo sulle società che percepiscono utili o dividendi o interessi di origine italiana. La stessa convenzione prevede lo scambio di «informazioni verosimilmente pertinenti per applicare le disposizioni» dell'accordo allo scopo di «prevenire l'elusione e l'evasione fiscale». Non solo. Gli Stati contraenti, è scritto nella convenzione, non potranno declinare l'invito a fornire quelle informazioni richiamandosi al segreto bancario, nella sostanza cassato. Insomma, San Marino non è più quella di una volta, tanto che l'Italia, nel febbraio del 2014, l'ha tolta dalla «black list» fiscale. Nonostante ciò, il 27 settembre scorso le Fiamme gialle di Ravenna hanno individuato due società che dal punto di vista del diritto erano sammarinese ma che di fatto operavano sul territorio nazionale italiano. In sostanza erano sconosciute al fisco italiano. Ciò gli ha consentito di frodare l'Iva e le imposte sui redditi, come hanno scoperto gli inquirenti incrociando i dati. Risultato: un recupero di tassazione imponibile pari a 14 milioni di euro, 3 milioni di Iva e oltre 6 milioni di Irap. I progressi ci sono, ma le truffe fiscali proseguono.

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