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Berluscoppola

Silvio Berlusconi

Per smascherare il flop sulla Trattativa i pm tirano fuori i deliri del boss Graviano

Silvia Sfregola
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E nun ce vonno sta'. Più la tanto decantata (e mai dimostrata) Trattativa fra Stato e Antistato mafioso crolla, più i pm siciliani insistono a tenerla in piedi. Non si rassegnano. S'incaponiscono. Anziché abbandonare il tavolo con le poche fiches rimaste, rilanciano. Disperatamente. Al buio. In straordinaria coincidenza con lo schiaffone preso dalla sentenza della Cassazione che ha assolto definitivamente i generali del Ros Mori e Obinu dall'accusa di aver favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano (dunque un altro processo collegato alla Trattativa che va a farsi benedire dopo quello sulla mancata perquisizione del covo di Riina e l'assoluzione, in abbreviato, dell'ex ministro Mannino proprio nel processo sul “patto” fra boss e istituzioni) le toghe hanno giocato il jolly. A poche ore dal voto amministrativo hanno cioè depositato le intercettazioni in carcere del boss Graviano che tirerebbero direttamente in ballo nientepopodimeno che Silvio Berlusconi. Addirittura quale mandante delle stragi del '93 («mi ha chiesto personalmente una cortesia») anno in cui Berlusconi ancora non era entrato in politica nonostante gli sforzi decennali degli inquirenti di retrodatare agli inizi del '93 la nascita di Forza Italia. La scelta di rendere tutto pubblico all'udienza dell'ultimo processo, il principale, sulla Trattativa, rende l'idea delle difficoltà in cui versa l'accusa che a ben vedere l'esito del dibattimento pare predestinata all'ennesima, definitiva, brutta figura. Un processo senza più fondamenta. Con il principale accusatore (Ciancimino) condannato per calunnia e in galera per detenzione di esplosivi e riciclaggio. Con l'iniziale pm (Ingroia) passato a fare l'avvocato dopo la sfortunata avventura in politica. Con il potenziale candidato dei grillini, Nino Di Matteo, prossimo a lasciare Palermo su sua richiesta. Con il maresciallo Masi, caposcorta del pm Di Matteo, supertestimone dei (presunti) depistaggi dell'Arma, imputato per aver calunniato alcuni superiori. Aspettando l'11 settembre dell'antimafia siciliana quale miglior diversivo mediatico che Silvio Berlusconi? Il cavaliere «mascariato». Uno che per 20 anni ha subìto inchieste e processi (ricordiamoci quello sui mandanti esterni archiviato a Caltanissetta) accuse di fior di galatuomini pentiti (Cancemi, Scarantino, Spatuzza, Mutolo, Ferrante, Ganci, Di Filippo, Brusca, Spatuzza, Siino, Cannella, Marchese,Di Carlo e tanti altri) pubblicistica a go go, stallieri e dell'utri, papelli e baci, summit con picciotti milanesizzati. Di tutto, di più. Il Cavaliere è sempre uscito pulito mentre i favori alla mafia – è la storia che parla - venivano fatti coi governi di centrosinistra (Ciampi, Scalfaro, Conso, etc) che acconsentirono ad attenuare il carcere duro come richiesto dal consiglio di amministrazione di Cosa Nostra. Arrendetevi all'evidenza. Più lo colpite, più risorge. Silvio non muore mai. In nome del popolo italiano: rassegnatevi.

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