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Lo 007 che sapeva troppo «Impiccato» nella casa all'Eur

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Il 16 agosto 1995 lo strano suicidio di Mario Ferraro

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Incongruenze e stranezze del caso. Protagonista e vittima un tenente colonnello del Sismi. Mario, alias Fabio Marcelli. Trama da film di spionaggio, quella che sta per essere narrata. Un racconto che rilascia in rapida successione, come fuochi d'artificio, gli elementi di una spy story, in cui s'intersecano personaggi dai ruoli altisonanti, suicidi misteriosi, lettere che rivelano la loro natura di "j'accuse", da usare in caso succedesse il peggio. Al centro, lui, una «barba finta», come vengono chiamati gli 007 italiani. Mario Ferraro ha 46 anni nel 1995 e ha lavorato nell'àmbito del settore più delicato del Sismi, i Servizi segreti militari italiani. È l'Ufficio sicurezza interna, quello che controlla le attività di tutti gli agenti, vertici compresi. Tra il 1984 al 1988 si è fatto parecchi nemici perché certi ruoli non facilitano la condivisione che porta alla chiusura dei casi con cene a base di tarallucci e vino. Ferraro, di origini calabresi, è uno tosto, specializzato in traffici di armi e terrorismo internazionale. Esperto di informatica, vive sotto copertura. È per tutti Fabio Marcelli, impiegato nell'import-export. Sul fronte privato ha una compagna, Maria Antonietta Viali, «Antonella», che ha conosciuto nel 1990. Prima di lei era sposato e padre di due figlie, l'ultima scomparsa a cinque anni a causa di un tumore nel 1987. Ferraro muore in circostanze misteriose, poi ricondotte dalla Procura ad un suicidio, il 16 luglio 1995, mentre è in ferie. Il sette agosto successivo sarebbe dovuto partire per una missione delicata in Albania. Di più: il suo nome è inserito in delicate inchieste che si dipaneranno nel corso degli anni successivi. Inchieste che vedono coinvolti personaggi potenti e alle quali lui ha partecipato nella veste di investigatore. Domenica sedici luglio Mario Ferraro e la compagna Antonella decidono di restare nell'attico di via della Muraglia cinese 16, nel quartiere Torrino, accanto all'Eur. È una giornata molto calda: la trascorrono in terrazza, giocando a scalaquaranta. Mangiano, vanno a riposare, si coccolano. Ferraro è insolitamente tranquillo.     MISTERIOSE MINACCE Un mese prima è stato promosso tenente colonnello ma da almeno quarantacinque giorni teme per la sua vita e quella della compagna. Non spiega niente né a lei né ad altri. Riceve chiamate mute al telefono di casa, che è privato, di notte (solo nel suo appartamento) va via la luce. Lui prende tutte le precauzioni possibili: quando fa passeggiate o va al lavoro, sceglie percorsi diversi e così chiede di fare alla convivente. Prima di scendere da casa, controlla quali automobili siano parcheggiate nel cortile. È cauto: chiude la porta con il chiavistello e lascia le chiavi della toppa. E parla poco al cellulare: preferisce le cabine telefoniche. Una forma di nevrosi o piuttosto un pericolo concreto che un funzionario esperto in complotti e morti anomale come lui sa di correre? Chi lo sa. Sta di fatto che quella domenica, alle 19, fa una doccia, si veste e chiede alla compagna di uscire con lui. Ha finito i sigari e vuole anche andare a prendere un gelato nel vicino «Giolitti». Antonella preferisce restare in casa. Quando lui varca il portone, lei sente la porta dell'ascensore aprirsi e provare a chiudersi numerose volte, come se qualcuno tentasse di tenerla aperta attraverso la copertura della fotocellula. Che strano, pensa. Indagini successive proveranno che nessuno degli inquilini del palazzo ha usato l'ascensore quel pomeriggio. Un'ora più tardi Antonella scende dal terrazzo dove si sta godendo il ponentino e chiama il compagno. Arriva fino al bagno, la cui luce è accesa. Nella stanza c'è il corpo di Mario Ferraro. Si è impiccato con una cinta dell'accappatoio, legata a sua volta al porta-asciugamani, che è attaccato alla parete. La donna chiama il medico, poi ancora uno dei due fratelli di Franco, Salvatore. L'attico si trasforma in pochi minuti in un mercato: arrivano gli agenti del commissariato Esposizione, che dimenticano di sottolineare nella prima relazione (ma nella seconda, diranno loro, c'è scritto) che il morto è un agente del Sismi. Arriva il Sismi, che porta via agenda e cellulare di Ferraro. Dimenticanza e sequestro di oggetti porteranno la Procura ad indagare quattro persone, fra poliziotti e militari, che però avranno ragionevoli repliche da opporre. La compagna osserva che le chiavi di casa, Mario, non le ha lasciate nella porta, come fa sempre. Le trova invece in un cassetto.     OMICIDIO O SUICIDIO? Il venti luglio primo summit tra Digos e Squadra mobile. L'inchiesta parte con una ipotesi di istigazione al suicidio; cinque giorni dopo viene effettuato un rilievo tecnico meccanico all'interno del bagno in cui si sarebbe ucciso Ferraro. Il 27 sopralluogo a Forte Braschi, sede del Sismi. Il procuratore si lascia sfuggire qualche frase su quello che sembra un omicidio vero e proprio. Parole che preludono al colpo di scena: il ventotto luglio l'indagine è adesso aperta per il reato di omicidio ad opera di ignoti. Contestualmente vengono resi noti i risultati dell'autopsia: nessuna lesione, nessuna ecchimosi. È suicidio. Il diciotto agosto, tuttavia, compare come evocato, l'indizio più grave che acclara l'ipotesi del delitto. Una lettera di sei pagine trovata in casa nella quale Mario Ferraro parla di un conflitto durissimo interno al Sismi e manifesta il timore di essere ucciso. L'inchiesta, nonostante quella lettera, perde vitalità. Esami tossicologici e perizia medico legale tendono all'ipotesi suicidiaria, la perizia «meccanica» all'omicidio. Viene infatti verificato che l'appoggia-asciugamani avrebbe potuto reggere non più di di 50 chili, altrimenti si sarebbe staccato dalla parete. Mario Ferraro ne pesava 86. E allora? L'otto aprile 2002, si chiude tutto. È stato un suicidio, lui soffriva di depressione a causa della morte della figlia (avvenuta nel 1987, però) e non esistono riscontri che avvalorino la tesi dell'omicidio. Caso archiviato.

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