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Appello a Di Maio: lascia almeno la poltrona del Mise

Dall'esordio del governo Conte, un anno fa, Luigi Di Maio occupa quattro poltrone. E' infatti capo politico del MoVimento 5 Stelle, vicepremier, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Fare quattro lavori contemporaneamente significa spesso non farne bene nessuno. Di Maio, in realtà, è stato assai incisivo sia come vicepremier, influenzando sensibilmente la linea del governo nel primo anno di vita, sia come ministro del Lavoro, firmando riforme molto articolate come il reddito di cittadinanza e il decreto dignità, mentre si prepara a dare battaglia anche sul salario minimo. E' andata male, invece, la guida del MoVimento, crollato nei sondaggi, e la gestione del Ministero dello Sviluppo economico. Se, per quanto riguarda il primo caso, Di Maio sta valutando una serie di interventi per invertire il trend elettorale, come l'addio parziale al limite del doppio mandato e l'apertura all'alleanza con le civiche, nella gestione del Mise invece nulla è cambiato. Di Maio, cioè, continua a intendere la politica industriale del Paese come il passaggio da un tavolo di crisi all'altro. Come una serie di casi singoli - Ilva, Alitalia, Whirlpool, Mercatone Uno - da affrontare a bubbone già esploso. E non, invece, come un insieme di provvedimenti che possano rilanciare il settore in generale. Eppure proprio dal Mise, in passato, alcuni ministri sono riusciti a incidere tanto sul tessuto industriale e produttivo del Paese. Basti pensare a Bersani con le sue liberalizzazioni e a Calenda con il piano “Industria 4.0”. Un appello a Di Maio: lasci la poltrona di ministro dello Sviluppo economico a chi abbia più tempo e idee, e si concentri su quello che gli riesce meglio.

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