friedkin riparte da capo

Il nuovo stadio della Roma da 45mila posti si fa a Torre Spaccata o a Pietralata

Fernando M. Magliaro

Un chilometro e poco più dalla fermata Torre Spaccata della metro C, appena qualche passo di più da quella di Giulio Agricola della metro A. Poi il trenino Termini-Giardinetti con le fermate Alessandrino e Torre Spaccata. Siamo alle spalle dell’Aeroporto di Centocelle, quasi fosse di buon auspicio a 300 metri da viale dei Romanisti (per chiarezza: non sono i tifosi della As Roma ma studiosi di Roma), un paio di chilometri dal Raccordo, con la Palmiro Togliatti a un tiro di schioppo e la Casilina a due. È la zona di Torre Spaccata (nella foto), una delle aree che la Roma sta esaminando come nuova localizzazione dello Stadio.

Accantonato al momento tutta la querelle con Eurnova - la società di Luca Parnasi “socia” dei giallorossi nel progetto di Tor di Valle - i problemi con il Campidoglio e il rischio di una causa anche col Comune per danno erariale, la Roma di Dan e Ryan Friedkin si muove piano.

  

L’obiettivo è scegliere l’area e impostare il lavoro amministrativo prima della fine dell’anno: di fatto, ottenere un assenso di massima dal Comune a 5 Stelle per poi farselo “confermare” dal nuovo Sindaco. Nessuna di queste indicazioni è ufficiale ma due sono gli orientamenti di partenza: aree pubbliche e stadio da 45mila posti. Più piccolo, quindi, dei 52.500 previsti a Tor di Valle. 

Seconda caratteristica: aree che non necessitino di alcuna variazione al Piano regolatore. Quindi tempi e passaggi burocratici dimezzati ma, soprattutto, dimezzata la quantità di funzionari e uffici che possano mettere mano sul progetto e alzare il prezzo dell’assenso. 

Ultimo parametro: non deve essere necessario svenarsi per dotare l’area di infrastrutture di mobilità, insomma niente ponti, treni, stazioni da rifare. In vista anche dell’arrivo a Roma dei soldi del Recovery Fund e per il Giubileo il leit motiv in casa giallorossa è: se sono opere pubbliche le paghi il pubblico. 

La Roma per ora si orienta su aree pubbliche, ben consapevole della necessità che il progetto vada poi a bando prima di poter essere assegnato, ma l’idea è quella di non legarsi a partner privati. Quindi, aree che siano del Comune o di altri Enti dello Stato, di qualche società controllata o “parastatale”. 

Tor di Valle rimane comunque sempre sullo sfondo come possibilità ultima e remota. Ma dovrebbero cambiare talmente tanti parametri sulle opere pubbliche che comunque si dovrebbe riazzerare tutto l’iter. Tor Vergata presenta molti problemi, soprattutto per le infrastrutture che non ci sono e la cui programmazione che prevede Regione, Ministero e Comune al lavoro su diversi progetti, ammesso che vada a buon fine, risulta troppo lunga rispetto ai tempi che i Friedkin si sono dati, 4 anni e spicci, per avere l’impianto funzionante. 

Per ora, si affacciano due aree. La prima, come detto, è di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti e si trova a Torre Spaccata. Oggi è noto come il “Parco dei caduti dei Vigili del Fuoco”. Parliamo di un’area di oltre 560mila metri quadri, quindi abbondantemente sufficiente ad ospitare il solo Stadio con parcheggi di legge e strade (150mila metri quadri). Secondo il Piano Regolatore su quest’area si possono realizzare superfici commerciali, di servizio e turistiche. 

Seconda area su cui la Roma sta ragionando: zona Tiburtina/Pietralata. Non le aree del vecchio SDO: queste non sono utilizzabili perché i terreni sono già stati espropriati con una finalità che non può essere più cambiata. Qui la proprietà è di Ferrovie dello Stato. In entrambi i casi, però, siamo solo alle analisi preliminari: c’è da capire cosa possono chiedere in cambio le proprietà e poi approfondire la fattibilità urbanistica e dei trasporti.