Roma-Juve, esame incrociato

Otto febbraio duemilaquattro. È la data che ronzerà nella testa dei calciatori e dei tifosi giallorossi impegnati stasera all'Olimpico (previsti oltre cinquantamila spettatori) per un «classico» del calcio italiano. Risale a quella data l'ultimo successo casalingo della Roma (Dacourt, Totti e doppio Cassano) contro la rivale di sempre: la Juventus che nelle sette sfide successive ha vinto per ben sei volte e si è «piegata» al pareggio in una sola occasione. Protagonista? Allora fu, nemmeno a dirlo, Francesco Totti con quel gesto ripreso in diretta tv del «quattro pappine e tutti a casa», che fece in un nanosecondo il giro del mondo. E stasera ci sarà ancora lui, che non gioca una gara da titolare dallo scorso 2 ottobre, in campo per provare a rimettere in piedi una stagione fin qui traballante che ha messo in dubbio molte delle certezze costruite attorno al nuovo che avanza. Ma otto anni fa era un'altra Roma e soprattutto un'altra Juve, due squadre che stasera si ritroveranno di fronte in momenti diametralmente opposti. I bianconeri viaggiano col vento in poppa, vengono da una striscia di successi importanti che l'hanno lanciata in vetta al campionato: un primato accantonato per un attimo ieri col sorpasso dell'Udinese aspettando il match di questa sera appunto. La Juve non perde una partita di campionato dallo scorso 15 maggio e se è l'unica squadra della serie A ancora imbattuta un motivo pure ci sarà. Conte ha trovato l'alchimia giusta e non solo dal punto di vista del gioco: è tornato sui suoi passi su alcune scelte iniziali (l'improbabile modulo 4-2-4 e l'utilità di Marchisio) e si è saputo adattare al materiale che ha trovato e lo ha fatto rendere al meglio.Esattamente il contrario di Luis Enrique piombato a Roma con le stigmate del Barcellona, con una squadra tutta nuova, un mercato fatto di undici acquisti, ma soprattutto senza quella elasticità mentale forse necessaria per far breccia nel calcio italiano. Probabilmente in un altro contesto (o nel recente passato), il tecnico sarebbe stato esonerato subito dopo l'uscita dall'Europa League con il Bratislava, o dopo i primi capitomboli in campionato. Così non è stato e la società ha fatto giustamente quadrato attorno all'idea nella quale credeva e crede tutt'ora. Così all'insegna del «nuovo progetto» tutta la piazza giallorossa ha concesso credito a Baldini & Co., lasciando lavorare con serenità il tecnico a Trigoria. Ma la fiducia non è eterna e le due sconfitte consecutive con Udinese e Fiorentina hanno minato seriamente la serenità della tifoseria. E se stasera contro la Juve non sarà un'ultima chiamata, l'allenatore e la sua «creatura» si giocano molto, se non tutto, in fatto di credibilità. Serve un segnale per far capire al mondo che la Roma è viva. Stasera è vietato sbagliare anche perché domenica si va a Napoli: e non sarà una passeggiata di salute.