Roma, senza vittoria

Non basta avere la palla per ottanta minuti tra i piedi per vincere le partite in questo campionato anomalo che vede le «grandi» inseguire. Bisogna buttarla dentro, avere polmoni per arrivare in fondo alle partite e il sangue freddo di chiuderle quando sei in vantaggio. Ma a questa Roma ancora in costruzione manca qualche tassello fondamentale, così come manca la prima vittoria stagionale sfumata anche ieri sera all'Olimpico contro il concreto Siena di Sannino. Ci vuole pazienza, questo è vero, ma anche quella ha un limite e i fischi che hanno accompagnato ieri sera la Roma all'uscita dal campo dimostrano che il bonus di Luis Enrique è quasi agli sgoccioli. Due pari e una sconfitta in tre partite non sono un risultato degno di questa Roma che ha riscoperto anche un capitano formato maxi: tira, gioca, serve assist ai compagni e si sacrifica per la squadra. La Roma studia, apprende i meccanismi di Luis Enrique e tiene in mano il pallone: sempre o quasi. Il tiqui taca modello Barça è un'altra cosa, ma i segnali fin qui sembrano incoraggianti. Il problema semmai è che i giallorossi concretizzano ancora poco, vogliono entrare in porta col pallone tra i piedi e riversandosi nella metà campo avversaria si scoprono lasciando praterie per il contropiede avversario. Ma questa sarà una prerogativa della nuova Roma, almeno di quella attuale, che rischia almeno un paio di volte prima di sbloccare la partita poco prima della mezz'ora. Nemmeno a dirlo parte tutto da un'ottima intuizione di José Angel che la mette dentro da sinistra. Ma il lavoro sporco lo fa Borriello, micidiale nell'area piccola, che depone sui piedi di Osvaldo (in crescita rispetto alla gara con l'Inter) un pallone che va solo spinto in rete. È una primizia: primo gol in giallorosso dell'argentino, primo in azione della Roma e primo realizzato da un attaccante in questa stagione. Era il segnale che serviva, la Roma sembra sciogliersi ma così in realtà non è, continua nel suo possesso palla ancora un po' sterile e rischia solo quando i suoi difensori perdono lucidità: buco di Kjaer fin qui il migliore lì dietro, ma il diagonale di Calaiò non trova la porta. Il bilancio della prima frazione di gioco dice 74 per cento di possesso palla giallorosso. Luis Enrique cambia e dopo l'intervallo manda dentro Gago per Pizarro. Cambiano gli uomini non la sostanza, la Roma continua a macinare gioco pur non avendo ancora nel suo dna gli ultimi metri e soffrendo troppo in fase di copertura. Lì dietro ogni volta che il Siena riparte in velocità qualcosa traballa e alla fine serve l'ennesimo salvataggio sulla riga di Kjaer (già successo la settimana scorsa a Milano) a mantenere intonsa la porta di Lobont: reattivo ma troppo mobile tra i pali e che in questa occasione perde il senso dell'orientamento. Ma il Siena cresce, la Roma rallenta perché il gioco di Luis Enrique è bello ma dispendioso e nel finale, come successo a Milano, c'è da stringere i denti. I toscani ripartono veloce in contropiede e a tre minuti dalla fine raccolgono un pareggio (gol di Vitiello) che ci sta tutto: perché le partite durano novanta minuti. Una lezione che la Roma dovrà imparare alla svelta, perché dietro alla prosa del bel calcio c'è una classifica che grida vendetta: due punti. E anche la pazienza ha un limite...