I giallorossi riconsegnano il primato Ma che brutta l'immagine dell'Olimpico

Regina per una notte, la Roma restituisce lo scettro. Fratelli coltelli, arduo aspettarsi un aiuto dalla Lazio, però la resa non è stata elegante neanche nella forma, una sorta di amichevole con finale già scritto, non una bella immagine per il calcio. «Scansamose», recitava uno striscione. Pur simulando un minimo di dignità, i laziali non sembravano insensibili al grido di dolore dei loro tifosi. Se parliamo di toni agonistici, l'igloo dell'Olimpico aveva poco a che fare con la fornace rovente del Tardini, dalla quale la Roma era uscita tuttavia senza ustioni. Nel primo tempo l'Inter ha creato più occasioni da gol che in tutto il resto della stagione, qualche errore di misura e l'eroismo di Muslera hanno tenuto il risultato in bilico fino a quando, nell'esiguo recupero, due interisti sono andati a saltare liberi davanti alla porta, una pacchia per Samuel, lo spirito guerriero la Lazio lo aveva forse esaurito nella serata del derby. Umanamente comprensibile, però poco apprezzabile: qualsiasi tentazione di scrupolo di coscienza cancellata dal pari di Bergamo. La labile riconquista della vetta, la Roma se l'era guadagnata con lacrime, sudore e sangue. Un esemplare omaggio allo sport, in questo periodo avvelenato dai sussurri e dai sospetti, lo ha offerto il Parma: non aveva stimoli particolari, giocava in uno stadio presidiato dal tifo giallorosso, ma ha profuso impegno, combattività perfino esasperata però encomiabile. Totti, in campo dal primo minuto, pare dopo una merenda di lavoro con Ranieri, ha segnato uno splendido gol, sul quale rimane l'ombra di un possibile tocco di mano, che però nessun avversario ha contestato. Poi, dopo aver troppo sofferto, la Roma si è schierata a cinque in difesa, fuori Vucinic e Menez, un ottimo Toni ad affiancare Totti, la sensazione è che i due non abbiano il feeling che il momento delicato richiederebbe, dal piede del capitano ancora l'assist magico per la testa di un Taddei inesauribile. Qualche sofferenza per l'ennesima leggerezza difensiva a mandare in gol il tarantolato Lanzafame, fino al fischio finale liberatorio di Rocchi, direzione poco gradita al tifo locale: ma anche a Roma si sa bene come gli episodi vengano interpretati secondo colore delle lenti da vista. Con una finale di Coppa Italia che incombe, innegabile qualche sintomo di stanchezza, anche in pilastri affidabili come Juan e Riise, onore comunque a chi ha tirato finora la carretta senza concedersi vacanze. Secondo verdetto, per altro scontato, il Siena tiene ufficialmente compagnia al Livorno, il pari del Bologna a Bergamo complica la vita ai lombardi, ma non allontana del tutto le apprensioni di chi non ha un vantaggio rassicurante sul terzultimo posto.   Festeggia la salvezza il Catania, imposto il pari a una Juve che mestamente saluta ogni chimera di Champions e che per ora è perfino fuori dall'Europa minore, il Napoli vince a Verona e perfeziona il sorpasso. Per quel quarto posto che vale oro, tutto dovrebbe decidersi domenica alla Favorita, due risultati su tre utili alla Samp, avanti di due punti, ma i siciliani vantano una forma al top e individualità di lusso, Miccoli e i suoi paggetti adolescenti.