Vancouver 2010, stasera si parte

VANCOUVER - Un altro mondo è possibile. È vero, maledettamente vero. La prova te la dà l'aeroporto internazionale di Vancouver, dove in queste ore stanno giungendo le delegazioni e gli atleti degli 82 Paesi partecipanti ai giochi olimpici invernali (nuovo record, a Torino 2006 furono 80). Chi scrive ha attivato il cronometro del BlackBerry non appena arrivato al nastro 23 per il recupero dei bagagli (spediti da Milano via Londra). Ebbene la valigia è sbucata dopo 3 minuti e 54 secondi: che un fulmine mi colga se dico una bugia. E non è finita: al punto d'uscita dei bagagli c'erano tre persone (tra cui due donne) con divisa verde e blu incaricate di sistemare bene gli oggetti sul nastro, per renderne più agevole il recupero. Prendano nota quei fenomeni del «cazzeggio-in-pausa-caffè» che abusano delle nostre vite (e del nostro tempo) in posti come l'aeroporto di Fiumicino. Con questa premessa non può che essere positivo l'animo con cui ci si avvicina a questo evento, ma soprattutto a questa città, dove tutto è pulito, ordinato e facile. Dove, udite udite, le persone sono in linea di massima gentili e disponibili, addirittura capaci di salutare quando entri in un luogo pubblico, sia esso un negozio o un albergo. Detto questo, siamo alle Olimpiadi, per giunta invernali. Però a Vancouver non c'è un filo di neve e fa poco più freddo che a Roma (ma le ragazze girano tutte senza calze). Quindi l'atmosfera olimpica non è certo data dalla baia ghiacciata o dai tetti bianchi, ma soltanto dalle centinaia di Suv che girano per la città con bandiere e adesivi dei Giochi. Gli organizzatori però fanno spallucce, e garantiscono pieno successo alle gare. Pare infatti, tra leggenda e realtà, che stiano mettendo paglia e truciolati sulle piste, in modo da fissare meglio la neve che verrà poi scaricata dai camion. Comunque un pizzico di vita mondana sta scuotendo la morbida e tranquilla Vancouver. L'indirizzo giusto è il Blue Water Cafè. Angolo sushi superbo con chef madrelingua e tavolone a semicerchio, vastissima scelta di birre e whisky in bella vista sugli scaffali, zona ristorante riservata con ampio sfoggio di vini alle pareti (italiani in discreta quantità). Alle otto della sera entra sorridente il principe Alberto di Monaco. Si accomoda al bancone con una bionda niente male, cui accarezza ripetutamente le spalle (con palese tono di corteggiamento, quando la confidenza c'è ma non è ancora tantissima): tutti i gossip su di lui paiono sgretolarsi in pochi attimi. A pochi metri di distanza, appoggiata al muro, li osserva una ragazza biondina, minuta ma dallo sguardo deciso. Cerca di non farsi notare, ma osservata con occhio minimamente attento rivela il segreto: dal polsino della giacca sbuca il microfono e nell'orecchio sinistro le si infila il collegamento trasparente dell'auricolare. Ma soprattutto il rigonfiamento vistoso sul lato sinistro della giacca azzurra rivela la presenza di una pistola di grosso calibro: il principe è pur sempre un Capo di Stato. Dal Blue Water Cafè a Casa Italia ci vogliono cinque minuti a piedi. Il nostro quartier generale è ospitato in una bellissima vecchia stazione ferroviaria ormai in disuso, c'è però da vedere una strepitosa locomotiva all'ingresso. Tutto è pronto per i giorni delle gare e al Coni si spera in qualche sorpresa dai nostri atleti. Sarà difficile ripetere il risultato di Torino (11 medaglie, di cui 5 d'oro), ma Fabris e Zoeggeler non dovrebbero deludere. In serata arrivano sorridenti Petrucci e Crimi. Dopo gli screzi tra i due (celebre una vivace discussione al Quirinale, con i fotografi scatenati) sembra tornato il sereno. Sono arrivati insieme e si sono anche seduti allo stesso tavolo. Quasi una notizia. Sì, tavolo. È decisiva questa parola. Gran parte del salone di Casa Italia è infatti occupato da tavoli con tovaglie bianche, mentre intorno si aprono i buffet. Se però ti sposti di 500 metri e vai nell'area ospitalità irlandese trovi tutta un'altra atmosfera. Musica rock dal vivo e fiumi di birra, con luci semi-buie da discoteca. Da noi parmigiano reggiano, Montepulciano d'Abruzzo e pennette al pomodoro. Tutti seduti di qua, tutti in piedi di là. Siamo italiani, non c'è niente da fare. Vite che ruotano intorno al tavolo da pranzo. Tutto sommato non è poi così sbagliato.