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Molto probabilmente quando questo giornale arriverà nella mani dei nostri lettori, la gara decisiva per la stagione di MotoGp si sarà già corsa.

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Ilfenomeno di Tavullia scala quindi un altro gradino verso l'ascesa, inarrivabile, alla montagna sacra chiamata Giacomo Agostini. Erano altri tempi quando il mitico Ago stravinceva ovunque e riusciva a mettere in bacheca anche due iridi mondiali a stagione. Oggi non sarebbe possibile, ma la longevità sportiva di Rossi dimostra tutta la capacità agonistica di un tipo strano, piuttosto dinoccolato, con la moto nel sangue. E la pole conquistata ieri sta a dimostrare come Valentino non sbagli mai un passaggio chiave. Serviva l'ennesima spallata psicologica per tagliare le gambe ai giovani agguerriti che faranno il futuro della MotoGp? Eccola arrivata con la precisione di un orologio svizzero su uno dei tracciati che più piace al pilota della Yamaha. «Sono soddisfatto perché quando ci sono dei momenti importanti io ci sono» ha commentato a caldo dopo l'ennesima impresa: pole position e record della pista. Valentino è un animale da gara, uno in grado di vincere (aspettando l'ufficialità di questa stagione) nove titoli mondiali in tredici anni di gare, 103 Gran Premi dei 225 disputati e di salire 163 volte sul podio. Ma se i numeri non dicessero abbastanza, basta guardare in che maniera riduce i suoi avversari: o almeno quelli non strutturati mentalmente per avere a che fare con uno così. Alla fine, paradossalmente,. quello con il quale ha fatica di più resta quel Max Biaggi che gli diede in passato più volte filo da torcere ma che poi alla fine ha dovuto, suo malgrado, alzare bandiera bianca. ma i giovani, quelli, Valentino li smonta pezzo per pezzo. Sì, è vero, le ha prese di santa ragione dall'exploit di Stoner al suo primo anno con una Ducati a quei tempi imbattibile, ma poi si è rifatto con gli interessi: al punto che l'australiano è stato colpito da crisi mistica e costretto a prendersi un anno (in realtà mezzo) sabbatico. E non è andata molto meglio all'astro nascente Lorenzo che, con la stessa moto, è riuscito a stargli in scia solo per uno spezzone di campionato. Certo, il futuro sarà nelle loro mani, ma per il momento c'è e resta, un solo uomo al comando e si chiama Valentino Rossi. Uno abituato a lottare fino in fondo e che ha preso dimestichezza con lo scontro «one to one» come ha ricordato ieri lui stesso. «La prima volta che mi sono trovato a lottare per il titolo è stata la più difficile - racconta - perché l'emozione di diventare campione del mondo si sente e poi nel 1997 a Brno aveva sempre piovuto nelle prove, invece in gara era asciutto e non avevo la moto a posto, ma alla fine sono riuscito a fare terzo. Sì, quella è stata la volta più difficile». Quando si parla di lui, il confronto va sempre ad Agostini, ma stavolta c'è la possibilità di raggiungere miti come Mike Hailwood e Carlo Ubbiali a nove titoli iridati. «Arrivare a Hailwood - conclude - eventualmente sarà una cosa emozionante, perché mi ricordo che, quando qualche anno fa mi resi conto che lui aveva vinto nove mondiali mi sembrava una cifra irraggiungibile. I 15 di Agostini sono inavvicinabili, ma già nove mi sembravano tanti». E, come sempre quando si parla di Valentino Rossi, potrebbero non bastare. Il sogno di tutti gli italiani appassionati di motociclismo è quello di vederlo in sella a una Ducati, operazione che potrebbe non essere altrettanto semplice. Ci sono in ballo tanti soldi e per svincolarlo la Yamaha vuole soldi veri. Difficile quindi al momento ipotizzare un suo passaggio alla rossa di Borgo Panigale già nella prossima stagione, nonostante la pressione degli sponsor. Rossi in Ducati fa gola a molti, Fiat compresa, ma l'operazione supera i venti milioni: troppi per una MotGp che sta affrontando la crisi economica mondiale a denti stretti. ma forse non troppi per un pilota entrato, di diritto, nella storia di questo sport meraviglioso.

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