Risultati conquistati col sudore

Aitempi dello scudetto salutai Fabio Capello con un grato e squillante «Ave, Cavaliere del Lavoro». Per carità, non nego il fascino dei Mourinho, gli affabulatori che conquistano le Penne Tenere e i portamicrofoni: ne ho conosciuti tanti, a cominciare dal Mago Helenio che tuttavia sparava chiacchiere soprattutto per confondere l'uditorio, e ci riusciva. Io preferisco i lavoratori. Non gli sgobboni, che alla fine rendono come i vagheggini costretti a ripetere lezioni mandate a memoria. Ecco, diciamo che amo gli artigiani del pallone, quelli che alla fine - come in altro campo Louis Vuitton nell'Ottocento - «firmano» le loro opere. Cito apposta il mitico LV perché inventò praticamente la «griffe», la sigla che magari a sproposito s'affibbia al prodotto commerciale come a quello intellettuale. Io sono stato influenzato da un Maestro che firmava il suo calcio FB. No, non FaceBook: Fulvio Bernardini. Qualcuno storcerà il naso a sentirlo definire artigiano. Ma chi l'ha conosciuto bene sa che il gioco «da paradiso» non era solo frutto d'ingegno, ma di lavoro, di fatica. Poi, se lui alla fine sembrava il Gransignore che non si sporcava di terra e non esternava facezie, moduli e schemi, fingendosi Principe della Sfera, abilità sua, frutto di un sopportabile narcisismo che lo portava alla raffinatezza. Al dunque, solidarizzo con chi prende una squadra e s'immerge nella sua realtà o nel suo futuro sapendo di dovercela metter tutta per arrivare al traguardo prefissato. Capello è uno di questi, così Claudio Ranieri. Da due mesi a questa parte ne ho sentite di tutte sul suo conto: ho respinto - infastidito - solo le accuse di nullismo, di lavorare per l'aria, aria cattiva, pesante per giunta. C'è una cosa, di lui, che infastidisce i critici: è naturalmente sereno e serio, non buffoneggia per la platea; soprattutto, non nasconde i rischi cui va incontro, fossero connessi al rilancio di una Juve postcadetta o alla ricostruzione di una Roma postbolletta. Alla Juve una congiuretta di palazzotto l'ha fatto fuori per affidarsi allo Young Man Ciro Ferrara, semiesperto semiprofessionista della panchina. A Roma Ranieri ce la sta mettendo tutta e sta raccogliendo risultati importanti più per la fiducia che per la classifica. Ma in particolare ha strappato un consenso «fisico», non a parole, a un Totti che per lui s'è trasformato in Toti. Detto questo, caro Ranieri, il difficile deve ancora venire, a cominciare dal Milan. Ma mi piace pensare che a maggio, alle ultime partite del torneo, dall'altra parte ci sarà la Juve. Ferrara, non so.