Finalmente Alonso

Dopodomani, venerdì, diventerà ufficiale la notizia che i lettori de «Il Tempo» aspettano da due anni e quelli di tutti gli altri giornali da uno: Fernando Alonso, il fuoriclasse spagnolo che nel 2005 e 2006 conquistò il titolo Mondiale con la Renault, nel 2010 piloterà una monoposto Ferrari di F1.   Gli ultimi ostacoli sono stati rimossi lo scorso weekend a Singapore, dove l'avvocato svizzero della Ferrari che si occupa di queste cose, l'occhialuto Henri Peter, s'è accordato con i legali di Kimi Raikkonen sulle modalità – non indolori... – della risoluzione del contratto che legava il finlandese al Cavallino anche l'anno prossimo. La Ferrari, in parole povere, s'è dovuta svenare per far posto ad Alonso e porre rimedio all'errore compiuto quando, per mettere a tacere la voce di chi aveva preannunciato l'ingaggio dello spagnolo, frettolosamente e artificiosamente prolungò di un anno la scadenza dell'accordo con Kimi (certi maligni dicono addirittura che lo sviluppo della F60 sia stato fermato proprio per risparmiare i soldi da dare al campione da scacciare...). Prendendo Alonso, cioè l'uomo che costrinse l'asso tedesco al ritiro, il presidente Luca di Montezemolo sogna di aprire una seconda era-Schumacher. Ed è proprio questo sogno a spiegare la decisione di segare Raikkonen anziché Massa, il balbettante pilota brasiliano fermo per infortunio. L'esperienza dimostra infatti che tenere due galli nel pollaio non paga. Quando hai un fenomeno come Schumacher o come Alonso è bene concentrare tutte le risorse su di lui e affiancargli uno scudiero veloce, sì, ma costretto alla fedeltà dalla propria manifesta inferiorità. E questo è l'identikit di un Massa, che d'altronde c'è già passato proprio accanto a Schumi, ma certo non di un Raikkonen, l'uomo che ha riportato il titolo a Maranello dopo due anni di fallimenti schumacheriani e che, come ha ammesso la Mercedes, ne avrebbe vinti almeno altri due se a suo tempo la McLaren gli avesse dato una macchina che non si sfasciava una corsa sì e una no. Raikkonen, d'altro canto, paga le proprie manchevolezze. Quando lo prese, la Ferrari sperava che il nuovo Schumi fosse lui, salvo poi verificare sul campo che Kimi, pur essendo veloce e vincente - molto più veloce e vincente di Massa – non aveva né la voglia di dedicarsi anima e corpo al team, né le doti di collaudatore, né, soprattutto, la morigeratezza e il carisma del suo predecessore tedesco. Quindi era inevitabile che Montezemolo andasse a cercare altrove il sosia che voleva e che, una volta trovatolo nell'unico pilota oggi come oggi almeno in parte somigliante a Schumi, gli affidasse il timone di comando. La scelta è dunque da condividere in toto, e non contiene alcun margine di rischio legato alle condizioni fisiche di Massa. Se il brasiliano non dovesse guarire perfettamente, infatti, la Ferrari ha già in casa Fisichella, che a Massa non è certo inferiore. Raikkonen, invece, sembra destinato a tornare alla McLaren, un team che evidentemente non sa far tesoro dell'esperienza. Mettere Kimi a fianco di Hamilton è una scelta-kamikaze, perché riproduce l'esplosiva situazione che nel 2007, l'anno in cui il cocco d'Inghilterra aveva per compagno-rivale proprio Alonso, sfociò nella catastrofe di un Mondiale perso a dispetto di un vantaggio di 18 punti a due gare dalla fine. Il colpo messo a segno dall'avvocato Peter, dunque, è doppio: oltre ad aver riportato le lancette della storia ferrarista indietro di quattro anni egli è infatti riuscito a nascondere una bomba a orologeria sotto al sedere dell'atavico nemico anglo-tedesco.