Via al Giro del Centenario

C'è chi lo definisce indecifrabile, chi durissimo, ma c'è pure chi lo considera imprevedibile, mentre per qualcun altro è solo strano: il Giro d'Italia del Centenario, che partirà domani sulle strade del Lido di Venezia, è sicuramente il più assortito.  Mai come quest'anno, infatti, la corsa rosa (giunta alla 92/a edizione) è stata così ricca e qualificata. Al via ci saranno tutti: vincitori del Tour de France, della Vuelta di Spagna, del Giro stesso, campioni di ogni specie e tipo. Un plotone di alto lignaggio, nel quale non hanno trovato posto solo i discepoli del Cera (Riccardo Riccò, Leonardo Piepoli, Emanuele Sella, tanto per fare dei nomi); il vincitore dell'anno scorso, Alberto Contador; i fratelli Andy e Franck Schleck; lo spagnolo Alejandro Valverde; e poi, ancora, il campione del mondo Alessandro Ballan (che, comunque, non è uomo da corse a tappe). Per il resto, al via ci sono tutti: cronomen, scalatori, passisti, regolaristi, attaccanti, sprinter, uomini di fatica. Rispetto all'anno scorso, ci sarà un Di Luca meno a corto di preparazione, un Petacchi ed un Basso in più, ma soprattutto un Armstrong al via al Giro per la prima volta nella sua carriera strabiliante, fatta di titoli mondiali (lo conquistò nel '93, in un pomeriggio da tregenda ad Oslo), di grandi trionfi al Tour e di impensabili successi umani (ha sconfitto anche il cancro).  Lo schieramento è proprio degno di un Giro del Centenario e può offrire l'opportunità, a chi crede sempre meno nel 'ciclismo dopatò, di riconciliarsi con questa disciplina, settimanalmente messa a dura prova dalle vicende legate all'uso di sostanze vietate. È un Giro, quello che si appresta a partire da Venezia, pensato, concepito e realizzato al contrario: da nord verso sud. O, per meglio dire, verso il centro dell'Italia, con un finale da Tour de France, nel cuore della Capitale, come non accadeva dal 1950. Non saranno i Campi Elisi, al centro dell'ultima 'passerellà, ma i Fori Imperiali, in uno scenario inimitabile, altamente suggestivo e affascinante. Una corsa nervosa, spigolosa, e non inganni il fatto che mancano le Dolomiti, o comunque le Alpi, nell'ultima settimana.  Le montagne ci saranno, eccome: fin dalla 4/a tappa bisognerà soffrire, con forti rischi per chi non si presenterà al via in una condizione di forma accettabile. È un Giro che, inoltre, renderà omaggio alle grandi città: da Torino a Trieste, da Genova a Milano, da Bologna a Firenze, fino ad arrivare a Roma; ma anche ai grandi campioni del passato che, con le loro epiche imprese, lo hanno caratterizzato, facendolo entrare nell'immaginario collettivo.  La corsa della Rcs toccherà la Castellania di Fausto Coppi, la Cittiglio di Alfredo Binda, la Induno di Luigi Ganna, il primo eroe in rosa, una specie di mito. Sarà il Giro di Armstrong, almeno dal punto di vista mediatico, ma anche il primo senza Paolo Bettini, che però lo commenterà per la Rai; la corsa che segnerà il rientro di Ivan Basso ed Alessandro Petacchi, chiamato a contendere al britannico Mark Cavendish il trono di uomo-jet negli arrivi in volata.  Per dirla alla Sastre, sarà «un Giro duro», ma è troppo banale definirlo con una sola parola. Di certo, gli organizzatori ce l'hanno messa tutta per assemblare un evento che, in un modo o nell'altro, deve per forza rimanere scolpito nella mente degli sportivi, ma anche dei protagonisti.