La Roma è sparita, non si salva nessuno

È stato toccato il fondo? Per quanto visto finora sarebbe un azzardo rispondere «sì». Da domenica sera la Roma è in ritiro, una decisione della Sensi che giocatori e staff tecnico hanno accettato tenendosi dentro i mugugni. Più di qualcuno, in particolare i giocatori sposati e con bambini, si aspettava di poter tornare a casa almeno domenica per poi presentarsi ieri al «Bernardini». Ma il presidente ha voluto affrettare i tempi e dare una scossa, un messaggio forte a chi dall'esterno si domanda cosa stia succedendo. Così Trigoria è diventato un bunker, anzi una specie di ospedale con tanto di orari di visite di parenti e amici: possono entrare dalle 18 alle 19.15. C'è tutta la squadra, squalificati e infortunati inclusi, lo staff tecnico al completo e i dirigenti Conti e Scaglia. Ieri Mexes e Loria hanno ottenuto un permesso: il primo si è assentato la mattina per un appuntamento dal dentista, l'altro aveva in programma da tempo un impegno familiare inderogabile. Spalletti e i giocatori si sono confrontati al mattino, hanno rivisto la partita di Udine, con il tecnico più severo del solito nel far notare i rispettivi errori/orrori. Toni accesi, ma non troppo. E i soliti discorsi che si fanno in momenti del genere. Anche durante l'allenamento, spostato al pomeriggio e durato oltre due ore, il tecnico ha alzato spesso la voce. La Sensi ha chiesto aggiornamenti e oggi dovrebbe presentarsi di persona a Trigoria. La Roma ha imboccato il tunnel della crisi e non riesce ad uscirne. Per colpa di tutti. Squadra Lo spogliatoio non è spaccato ma in campo i giocatori non si aiutano più come prima. Molti si nascondono, altri vogliono strafare e finiscono per fare danni. Cicinho l'esempio più evidente di indiscplina tattica, De Rossi e Vucinic di scarsa tranquillità. E un Totti a metà servizio eppure sempre il migliore in campo non può fare miracoli. Il bel gioco è un lontano ricordo, i risultati una naturale conseguenza. E sono sempre di meno quelli pronti a stringere i denti per scendere in campo nonostante gli acciacchi. Juan fa rimpiangere la tenuta fisica di Chivu. Il contributo dei nuovi acquisti? Pari a zero. Baptista si è già fatto male due volte, Menez non ha mai sorriso da quando è a Roma, Loria paga i suoi limiti e Riise non ha ancora capito dove è finito. In il nervosismo che ha portato ad espulsioni e discussioni durante e dopo le partite. Mexes ha iniziato a litigare con arbitri e tifosi dalle amichevoli e non ha più smesso. Spalletti È stato lui stesso ad ammetterlo: «Non so più come farmi capire dalla squadra». Un'ammissione pesantissima alla quale però non seguiranno le dimissioni. Almeno per il momento. Ma il tecnico che ha fatto miracoli per tre anni sembra aver smarrito le idee oltre al polso sui giocatori. Sarà una barzelletta - come dice De Rossi - ma da quando ha incontrato Abramovich non è più lo stesso. Ieri in allenamento si è mostrato più duro del solito, forse era il caso di iniziare prima. Società Rosella Sensi non può essere il padre. Certo, non è una colpa, ma la realtà di un club che non ha più una figura forte al comando. Ascoltata e temuta dai giocatori. Il ritiro sembra più una scelta di facciata che un tentativo convinto. Non c'è un direttore generale e Bruno Conti fa più il parafulmine che altro. Su Daniele Pradè ricadono le colpe di un mercato insufficiente e che non ha ascoltato le richieste di Spalletti. Il tecnico voleva Mutu e Di Natale ed entrambi sono rimasti dove stavano. Lo scambio con il Siena, rivisto oggi, è un affarone solo per i toscani. Troppo spesso si ascoltano mediatori e procuratori di «fiducia» invece di ampliare la rete di osservatori. E ancora si aspetta un regalo dell'«amico» Galliani. Dulcis in fundo le colpe dello staff medico e il continuo scarico di responsabilità tra Brozzi e Spalletti. I giocatori non sanno più di chi fidarsi. Ora hanno soltanto un obiettivo in mente: battere la Samp, altrimenti Trigoria sarà la loro casa per tutta la settimana.