Nella sfida tra le Case l'Italia parte dalla corsia «periferica»

È la sfida tra le Case delle nazionali più forti e organizzate a questi Giochi. Bene, da bravi patrioti, cominciamo da Casa Italia: un parallelepipedo alla periferia nord ovest di Pechino, allestito senza risparmio per offrire tutto il conforto possibile: ristorante, bar, sale espositive, un piccolo teatro per i concerti e le conferenze stampa degli atleti medagliati. È bella, ma è lontana dal centro. Dunque, difficile da raggiungere, da vivere. Gli italiani, certo, ma poco altro. Non c'è interscambio culturale. Molti cinesi, molti curiosi indigeni, ma non quell'arrivo di atleti di altre squadre che caratterizza di solito questi luoghi. È il vero problema di Pechino: le distanze. Per andare e venire un'ora e mezzo può non bastare. E non stiamo parlando di muoversi da un capo all'altro. Poi c'è Casa Usa. Cioè, ci sarebbe Casa Usa. Perché nessuno, veramente, l'ha vista: blindata manco fosse la Casa Bianca. Accessi negati anche ai cronisti statunitensi se non accreditati. È in centro, vicino alla Città Proibita e mai termine fu più appropriato. Discorso diverso, molto diverso, per Casa Olanda. Nel quartier generale di San Li Tun - quartiere europeggiante con molti locali chic e vita notturna - si adegua perfettamente alla sua ubicazione. Si, insomma, avete capito: lì c'è il "movimento". Al punto che dopo le prime sere è arrivata la polizia fuori dai portoni perché sembrava l'Olimpico prima di Roma-Lazio. Più ricercata, ma sempre molto bella, Casa Russia: a Torino, per i Giochi invernali, stravinse la corsa all'oro delle Case. Qui, dicono, poteva far di meglio, ma resta sempre sul podio, con le presenze maschili e femminili assai gradite a chi non è nato nella terra della Grande Madre. L'elenco è lungo, ma una citazione a parte la merita Casa Australia: sbagliata completamente la location. Pare sia fuori dai percorsi raggiungibili di Pechino. Nessuno la visita. Mi sa che stasera si va a fare un salto, così tanto per capire...