di RINO TOMMASI CORRO volentieri il rischio di essere definito «solone perbenista» ...

Credo che nelle discussioni di questi giorni si stia facendo, in nome del buon senso, una grande confusione. I vari gradi di giudizio che la giustizia sportiva ha assorbito da quella ordinaria dovrebbero costituire una garanzia per chi viene accusato e consentire un completo accertamento della verità. Accade invece che in tutta questa storia, solo apparentemente complessa anche perché inedita e senza precedenti, tutto è parso perfettamente chiaro fin dal primo giorno. In due mesi di chiacchere e di polemiche non è emerso un solo fatto nuovo. Discutibili fin che si vuole le intercettazioni parlavano chiaro. Alcuni dirigenti cercavano di ottenere favori o comunque di ottenere un «occhio di riguardo» con la giustificazione che la propria squadra era stata vittima di clamorosi errori arbitrali. Si può anche sostenere che in tutto questo non vi fosse nulla di illecito e che il sistema, ormai generalizzato, non avrebbe escluso nessuno degli addetti ai lavori se le intercettazioni si fossero allargate a tutti i club ed a tutti i dirigenti. Tuttavia nessuno mi convincerà mai che sia accettabile un intreccio di favori, mezzi favori ed attenzioni che hanno costituito il canovaccio di migliaia di conversazioni telefoniche. Inoltre se alcuni dirigenti si erano preoccupati di utilizzare schede straniere per dribblare le intercettazioni è evidente che sapevano di compiere azioni almeno discutibili. Si può pensarla come si vuole. Si può pensare che i club implicati dovessero essere radiati oppure che non si dovesse prendere alcun provvedimento. La giustizia sportiva, senza la possibilità di valersi di una casistica data l'assoluta mancanza di precedenti, si è inventata una scaletta di penalizzazioni che ha poi provveduto a modificare ed alleggerire, senza che fossero intervenuti fatti nuovi. L'obiettivo primario era quello di salvare la partenza e lo svolgimento del campionato. È quindi credibile, anche se mancano prove al riguardo, che quando alcuni club hanno minacciato (e minacciano) il ricorso al Tar siano state fornite assicurazioni circa ulteriori tagli. In tutto questo si è determinato, nell'opinione pubblica e soprattutto nella maggior parte dei giornali, un clima di buonismo che probabilmente consentirà alla Federazione ed al Coni di esporsi alla più brutta cattiva figura della loro storia senza riceverne le meritatissime critiche. In tutto questo è perfettamente normale che i tifosi dei club implicati, tra i quali alcuni giornalisti, ed i giornali che hanno evidenti interessi editoriali sostengano la tesi innocentista o quella riduttiva. Senza entrare nel ginepraio dei confronti (le nostre colpe sono meno gravi, ecc.) alla base ci dovrebbe essere, a questo punto, un solo elementare principio da salvare. Modificare in corsa la situazione di partenza, giusta o sbagliata che fosse, sarebbe un atto di cui non solo lo sport italiano ma tutto il nostro paese dovrebbero vergognarsi.