Dura solo 38 secondi il sogno d'oro dell'azzurro che cade nella prima manche dello slalom speciale vinto da Raich

Poi, Giorgio Rocca è finito nella neve ed è rimasto a faccia in giù per secondi che sono parsi minuti interi. Ore, anche. Trentadue secondi per sognare l'oro, fare segnare il miglior primo intertempo e dire addio: un cambio di pendenza, un lieve dosso da cui prendere teoricamente la spinta per aumentare la velocità, lo sci destro che incrocia il sinistro e il capitombolo. È finito così il sabato pomeriggio italiano, il sabato dello slalom che avrebbe dovuto far impazzire di gioia le migliaia di connazionali che erano saliti fino a Sestriere sfidando il cattivo tempo, la nevicata notturna e anche quella di inizio mattinata. Mezzo metro di neve: tanta ne era caduta a partire da venerdì pomeriggio, ma nessuno si era spaventato. Le navette messe a disposizione dall'organizzazione, pur con qualche ritardo, avevano fato il loro dovere (in tre ore erano saliti al colle 120 pullman con 10mila spettatori), biglietti da comprare non ce n'erano più se non dai bagarini: dodicimila tagliandi venduti, roba che in Italia non si vedeva dai tempi di Alberto Tomba. Tutti a Sestriere per Rocca, capelli tagliati di fresco, una condizione che veniva data come eccellente, il buon umore e il sorriso dei tempi migliori. La pista «Giovannino Agnelli», poi, il livignasco la conosceva come le sue tasche: ci si era allenato come nessuno nel corso dell'inverno, (soprattutto) per lui era stato anche accorciato leggermente il tratto finale, troppo facile pianeggiante, nulla era stato lasciato al caso. Lo slalom però è questo: infido, cattivo, traditore. Questione di centimetri, di millimetri anche: e per una volta Juve e Roma non c' entrano nulla. Tra i pali stretti decidono i particolari, decide il sospiro, decide il battito delle ciglia. Rocca sognava e con lui sognavano in migliaia sulla pista, in milioni a casa. Un sogno durato il tempo di un flash: abbagliante, veloce, intenso. Ma breve. Troppo, decisamente. Il Nostro, sceso con il pettorale numero uno, pareva usare cautela con quella sua sciata sempre centrale e apparentemente in sicurezza. Nulla lasciava presagire a un errore del genere e infatti, concorrente dopo concorrente, nessun altro sbagliava nello stesso punto dove l'azzurro finiva gambe all'aria. Cosa sia successo è una di quella cose che rientrano nell'imponderabile. Il gol avrebbe dovuto ancora essere segnato, ma non sarebbe stata impresa impossibile, tutt'altro: «Ho sbagliato io, non cerco scuse — ha ammesso l'azzurro al traguardo — in quel punto la neve cambiava leggermente, lo sapevo e ho sbagliato lo stesso. Stavo per spingere con lo sci destro per cercare maggiore velocità, invece mi si è leggermente infossato ed è finito tutto. L'unica cosa che posso dire è «peccato»: si trattava di una grande occasione che mi si ripresenterà tra quattro anni». Sempre sereno. Apparentemente distaccato, anche se dentro gli brucerà l'impossibile: «Avevo promesso a tutti che avrei fatto il massimo e su questo non ci sono dubbi. Sono rimasto poco in gara, ma il mio primo intertempo vale quello dei migliori: peccato che le gare si vincano arrivando al traguardo». Lui lo sa bene, visto che in questa stagione aveva vinto i primi cinque slalom in programma. Nelle ultime due occasioni era finito fuori, è vero, ma nello slalom sono cose che succedono. La «crisetta» era passata, si diceva. Forse sì o forse no: fatto sta che ieri sul podio sono saliti tre austriaci — Benjamin Raich, già vincitore del gigante, Reinfried Herbst e Rainer Schoenfelder — e lui ha visto la seconda manche dalla tribuna.