Mancini «Voglio stregare Roma»

Ed ecco quindi che la copertina di fine settimana spetta ancora ad Alessandro Faiolhe Amantino, al secolo Mancini che, con quel colpo di tacco vincente contro la Lazio, si è ritagliato di diritto un trafiletto nella storia giallorossa. «In tutta Italia si è parlato di me, sono felice. Colpire di tacco è stato un gesto istintivo, dettato dalla fiducia che ho in me stesso e che sento grazie da parte degli altri. Dopo il gol tutti mi hanno fatto i complimenti, Tommasi mi ha detto di avanzare sempre quando avremo punizioni a favore». Ed i tifosi quel gol se lo sono coccolato per bene. «Ho visto la loro gioia, immagino cosa può succedere se si vince lo scudetto: tre mesi di feste. Mi hanno dedicato una maglietta e so che in due giorni ne sono state vendute duemila, la settimana prossima addirittura uscirà un cappello. Solo qui succedono queste cose ed è bellissimo. Il mio è stato un gol importante perché ha sbloccato la partita, ma non mi sento un eroe, il merito è della squadra che ha avuto più voglia di rischiare e segnare. Sono felicissimo che si parli bene di me in tutta Italia. È stata una rete magnifica. Qui si parla tanto del derby prima ma anche dopo. Domenica ci abbiamo messo un'ora ad arrivare allo stadio e siamo ancora qui a parlarne». Facile il paragone con Socrates che aveva un soprannome tutto un programma: il tacco di Dio. «Socrates è famoso per i suoi colpi di tacco, ma vorrei che si dica che io sono forte anche per altre cose». Venezia ormai è lontana. «Mi sento cambiato grazie a Capello che mi ha aiutato consigliandomi il giusto, è il migliore allenatore che io abbia mai avuto. Mi auguro vivamente che qui a Roma si possano ricordare di me anche per altre cose, non solo per il colpo di tacco. È chiaro che un gesto del genere aiuta, ma spero di essere apprezzato e ricordato anche per tutto il resto che faccio per la squadra». E Bellotto? «Non voglio più parlare di questa persona, ogni volta che lo faccio è pubblicità per lui, quindi basta». Insomma, il Brasile sembra mancargli poco. «A Venezia ho visto solo acqua e freddo. All'inizio vivevo a Trigoria che è simile a Venezia, scherzo. Emerson mi ha aiutato, sono stato a casa sua, mi ha spiegato come la Roma è importante per la città. Mi sono ambientato bene anche se il Brasile mi manca per il sole e per il cibo. Ma non è saudade perché è impossibile giocare al calcio se si è tristi. E poi in Italia ho già assaggiato le vongole, la pasta alla carbonara, la mozzarella di bufala. Però non mi piace la pizza». La Roma, a dicembre, giocherà tre partite in notturna. «Se vogliamo vincere qualcosa dobbiamo essere in grado di giocare sempre». Qualcuno all'inizio era scettico sul suo conto. «Non voglio rispondere, credo solo in me stesso». È per questo, forse, che ha inserito nel suo contratto una particolare clausola di un bonus sulle presenze. «Si, l'ho voluta io perché credo nelle mie qualità». E ora, obiettivo Seleçao. «Spero di andare presto, ma so che devo stare tranquillo e allenarmi con serietà e impegno. Io mi sento già fortunato per il fatto di giocare con una grande squadra con la quale vorrei vincere qualche cosa di importante». Sabato di lavoro, ieri, per i giallorossi, seppur a ranghi ridotti per le assenze dei vari giocatori impegnati con le rispettive nazionali. Lavoro atletico e partitella per tutti tranne Lupatelli e Delvecchio che si sono sottoposti ad una seduta di fisioterapia. Ripresa degli allenamenti, martedì.