Bimbi che non piangono: cura e diagnosi
Ci sono bimbi che piangono senza far uscire le lacrime. Come Bertrand Might, che oggi ha sette anni ed è stato il primo bambino al mondo a ricevere, nel giugno 2012, una diagnosi di carenza di N-glycanase (o NGLY1). Dopo di lui sono stati trovati altri 27 bambini affetti da questa rarissima mutazione genetica. Fra loro c’è Luisa Scotto, l’unica paziente italiana e la più grande d’età al mondo (22 anni): la famiglia di Luisa (in foto con la sorella), originaria di Monte di Procida, in provincia di Napoli, quando lei aveva tre anni si è trasferita negli Stati Uniti, in una cittadina del Maryland, per cercare di curarla. STORIA - “Fin dalla nascita mia figlia era ipotonica”, racconta la mamma, Elvira Scotto, all’Osservatorio Malattie Rare. “Non riusciva a tenere la testa dritta, a stare seduta, a seguire gli oggetti con lo sguardo o a tenerli in mano. Un altro segno che si è manifestato dalla nascita erano le transaminasi molto alte; nell’esame neurologico, inoltre, non ha mai avuto il riflesso nel test del martelletto. Notammo anche la mancanza di lacrime, sintomo tipico della malattia”, ricorda la signora Scotto. “La diagnosi iniziale fu un disturbo psicomotorio, un ritardo neurologico, e a quattro mesi iniziò la fisioterapia. Poi, con la pubertà, sono sorti altri problemi come la scoliosi, per cui è stata costretta ad usare il busto”. TEST - Nel 2013 le risposte. Erano negli Stati Uniti, quando il neurologo suggerì di effettuare un esame genetico di ultima generazione chiamato “All Exome Sequencing”. Solo un anno prima, infatti, l’esame aveva permesso la diagnosi del primo caso di questa malattia: quello di Bertrand Might. La diagnosi, finalmente, fu chiara: deficit di N-glycanase. Oggi Luisa non ha equilibrio, e per muoversi autonomamente si serve di un walker, un ausilio alla deambulazione. Oltre alla mancanza di lacrime, i bambini con questa malattia non sudano: Luisa ha iniziato a farlo – poco – dopo la pubertà, e allo stesso modo ha una ridotta produzione di saliva. LOKOMAT - Luisa continua la fisioterapia e la logopedia. Per comunicare, oltre al linguaggio delle mani, usa un iPad, con un programma creato ad hoc per le esigenze di questo tipo di pazienti: ogni tasto corrisponde a una parola o a un verbo, e così si possono comporre delle frasi. Una volta la settimana i genitori la portano in un centro medico dove può camminare su un particolare tapis roulant robotizzato usato per la riabilitazione, il Lokomat (in Italia ce ne sono una quindicina, nei migliori centri specializzati). Frequenta un centro occupazionale per diversamente abili, dove le fanno fare dei lavoretti, utili per tenersi impegnata. I suoi genitori, invece, sono occupati – ogni giorno e in tutti i modi – a trovare una cura per lei. GENETICA - La carenza di N-glycanase rientra nella famiglia dei disturbi congeniti della glicosilazione (CDG): in questo patologia, le cellule del corpo non sono in grado di sintetizzare l’enzima N-glycanase. La mancanza di questa sostanza lascia il corpo con una ridotta capacità di riciclare le glicoproteine mal ripiegate, che si accumulano nelle cellule dei pazienti e possono quindi causare danni. Il deficit di N-glycanase è recessivo: se entrambi i genitori sono portatori, hanno una probabilità del 25% di avere un figlio con la malattia per ogni gravidanza. I genitori di Luisa Scotto hanno scoperto solo due anni fa di avere entrambi la stessa mutazione genetica; la sorella di Luisa, Simona, ha vent’anni e non ha ereditato la patologia. I sintomi chiave sono: ritardo dello sviluppo globale, ipotonia, convulsioni, disturbi del movimento, neuropatia periferica, alacrimia o ipolacrimia, transaminasi epatiche elevate, microcefalia, riflessi neurologici diminuiti, costipazione, strabismo e la presenza di materiale finora non identificato nelle cellule epatiche. Il fenotipo, comunque, è abbastanza variabile, perciò il bambino potrebbe non presentare tutti questi sintomi.