solidarietà
Un pranzo di Natale che sa di riscatto. A Rebibbia i detenuti cucinano per gli ospiti
Un prosecco di benvenuto, poi lasagna con salsiccia e funghi, carne con cicoria ripassata e patate al forno, tiramisù e per concludere una tazzina di caffè Galeotto. Eccolo il menù preparato dai detenuti di Rebibbia Nuovo complesso per il pranzo di Natale 2025. Ma non solo, ad accompagnare il pasto il sax di Stefano Di Battista con la sua band a ricordare che il Natale deve essere una festa per tutti, ovunque ci si trovi.
A ospitare l’evento è stata la torrefazione del «caffè Galeotto» posta all’interno del carcere. Lo spazio che per 364 giorni l’anno vede lavorare una quindicina di detenuti alla produzione del caffè e alla preparazione o riparazione di macchinette e distributori, è stato adibito per un giorno a ospitare grandi tavoli di legno vestiti a festa. Seduti al centro della sala gli invitati tra cui il personale amministrativo, rappresentanti politici del territorio, i volontari che a Rebibbia prestano la loro importante opera, agenti della polizia penitenziaria, con il sempre gentile e disponibile Sandro Pepe e naturalmente loro, le persone private della libertà: un’intera comunità riunita che lavora tutta insieme per ridare speranza a chi ha sbagliato, attraverso formazione e cultura della legalità.
A fare gli onori di casa, Mauro Pellegrini, fondatore della Panta coop organizzatrice dell’evento, che da molti anni si spende per il reinserimento dei detenuti nella società, insegnando loro un mestiere spendibile anche una volta terminata la pena da scontare.
Pellegrini ha interrotto solo per un attimo la magia della musica di Di Battista per salutare i presenti, tra cui la direttrice di Rebibbia NC Maria Donata Iannantuono, il presidente del IV municipio Massimiliano Umberti accompagnato dall’assessore alla Scuola Annarita Leobruni e dall’assessore alla Cultura Maurizio Rossi che hanno voluto portare la vicinanza delle istituzioni. Poi ancora la professoressa Marina Formica e la dottoressa Serena Cataldo dell’Università di Tor Vergata che qui oltre ai corsi universitari organizza interessanti incontri e dibattiti con personalità del mondo della politica, della cultura e dello spettacolo, tra cui Diego Bianchi presente al pranzo e sempre pronto a sostenere chi ne ha bisogno.
Pellegrini poi ha brevemente sottolineato quanto sia importante dare una formazione a chi è recluso, innanzitutto per dare seguito all’articolo 27 della Costituzione dove afferma che la pena deve tendere alla rieducazione e al reinserimento del detenuto, poi per ridurre drasticamente la recidiva, ossia il ritorno a delinquere una volta che la persona è rimessa in libertà. Sono i dati che ce lo indicano: chi non ha ricevuto alcuna formazione e non è stato inserito in un programma di reinserimento torna a commettere reati in una percentuale che sfiora il 70%, numero che cala drasticamente quando invece la persona privata della libertà ha frequentato percorsi di formazione e lavorativi, in questo caso la percentuale scende al 2%. La conferma arriva dalle parole con cui Pellegrini ha concluso il suo saluto: «Nella mia più che ventennale esperienza, ho avviato al lavoro centinaia di detenuti, ma solo una volta uno di questi è ricaduto in vecchi errori».
La musica ha riempito nuovamente la grande sala della torrefazione e gli animi di tutti i presenti che si sono salutati scambiandosi ancora gli auguri, poi ognuno è tornato alla propria vita, chi a casa, chi in ufficio o in uno studio televisivo, chi dietro le sbarre. Tutti consapevoli però che quelle tre ore passate insieme non devono rimanere solo un ricordo di un episodio piacevole, ma l’inizio o il proseguo di un impegno, affinché la vita di chi vive il carcere (e non sono solo i reclusi a viverlo ma anche chi ci lavora ndr), possa migliorare qualitativamente.
Il 21 dicembre scorso il cardinale Vicario Baldo Reina ha chiuso la Porta Santa del carcere di Rebibbia, aperta un anno fa da un sofferente Papa Francesco che aveva fortemente voluto esserci senza risparmiarsi nel dialogo con i detenuti. L’augurio è che la fine del Giubileo delle Speranza non chiuda la porta alla fiducia di chi vuole inseguire un futuro migliore.